Oggi a Genova, alle 15:00, comizi in piazza De Ferrari (interverrà anche Indipendenza) e corteo. Cogliamo l’opportunità per segnalare, tra le varie manifestazioni della prossima settimana, i tre giornali parlati del 21, 23 e 25 febbraio (lunedì, mercoledì e venerdì, dalle 07:00 alle 19:00) a piazza Matteotti. Chi sia interessato, partecipi. Chi voglia dare una mano, divulghi la locandina.
Da molti mesi Indipendenza, portando il suo contributo di idee e d’azione, è attiva e assidua a Genova nelle diverse modalità di lotta che si sono susseguite: con i portuali –e non– ai varchi (con presenza anche notturna), con presidi, cortei (ogni sabato da luglio), giornali parlati, aperitivi sociali al porto, volantinaggi, manifestazioni politico-musicali in piazza…
Chi da Roma si è recato a Genova (da venerdì 11 a martedì 15) ha avuto modo di essere partecipe di più eventi al giorno, come del resto sta avvenendo da tempo.
Molto significativo è stato il comizio di sabato, il cui piacevole ricordo è l’attenzione e l’interesse pressoché generali della piazza, come rilevato da tanti, ed il vero e proprio ‘assalto’/assembramento al banchetto dei nostri giornali. Due di Indipendenza (uno di Genova, l’altro di Roma) si sono alternati al microfono trattando (come da nostro indirizzo politico in essere dagli inizi del 2020, con le prime chiusure/”lockdown”) di temi (nell’occasione solo alcuni!) oscurati dai riflettori puntati a tutte le ore e a reti unificate sulla (dissennata) gestione sanitaria e annesse implicazioni, nell’intento sempre più evidente di parcheggiare/occupare menti ed energie dei più. Una grande operazione delle classi dominanti di questo Paese e dei loro ‘sponsor’ esteri euro-atlantici anche (e soprattutto!) per andare all’incasso, con discrezione e senza clamori, di tutte quelle riforme che la Commissione Europea ha poi preteso, in nome del rilancio e della ripresa, come condizione per l’erogazione dei fondi (in larga parte a prestito!) del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
Si tratta di una complessa e generale operazione euro-atlantica di trasformazione economica, sociale, culturale (si vedano scuola e università) in particolare del nostro Paese, i cui devastanti effetti (come è stato con l’introduzione dei vincoli di Maastricht e con la moneta unica) si vedranno non subito ma non tra molto.
Un oscuramento che ha interessato anche gli scenari internazionali, con (oggi) epicentro principale (non esclusivo!) in Ucraina, in una crisi che l’amministrazione Biden ha determinato con il golpe del 2014, ha mantenuto e ora sta acuendo, sullo sfondo di una guerra a bassa intensità da parte dei militari di Kiev e delle formazioni neonaziste, sostenuti da Stati Uniti –e in scia dall’Unione Europea, con diversi Paesi ‘obtorto collo’– contro le Repubbliche Popolari nel Donbass.
Con non casuale tempistica, la Casa Bianca ha iniziato negli ultimi mesi ad alzare progressivamente la tensione, con l’obiettivo di arrivare a determinare un indurimento delle sanzioni alla Russia, saldare chiudendola la nuova cortina di ferro contro la Russia, in particolare –e questo è il bersaglio grosso– facendo saltare il gasdotto Nord Stream 2 tra Germania e Russia. In continuità con le precedenti amministrazioni, quella Biden mira ad isolare la Germania dalle forniture energetiche russe, determinando una dipendenza generale dell’Unione Europea dal gas di scisto di produzione USA e dei Paesi filo-USA produttori, anche al costo del forte rialzo dei prezzi che l’obbligo al reperimento di gas sui mercati spot (con prezzi crescenti, all’asta), come voluto da Washington, ha innescato e che è la causa principale della forte impennata dei costi energetici e, dove più dove meno, dei prezzi dei prodotti di consumo, con ripercussioni sul costo della vita delle popolazioni, sulle crisi già in essere (per i vincoli austeritari e la pandemia) di piccole e medie imprese che finora sono riuscite a non chiudere, con l’intensificarsi dei licenziamenti (già in corso da mesi, per lo sblocco degli stessi voluto a fine giugno dal governo Draghi).
Solo una forte tensione internazionale potrebbe obbligare la riottosa Germania a chiudere i rapporti di fornitura energetica con la Russia. Se questo si realizzasse, la Germania sarebbe risucchiata integralmente nella strategica crisi strutturale innescata dal processo d’integrazione europea, acuitasi con la crisi ‘pandemica’ ed ora aggravatasi con l’innesto di quella energetica.
L’obiettivo perseguito da decenni da tutte le amministrazioni USA è imbrigliare la Francia e ancor più ridimensionare le aspirazioni di potenza regionale della Germania. Berlino da più di un decennio, per aggirare le crescenti criticità economico-sociali provocate nei Paesi meridionali del continente europeo dal combinato disposto UE-euro, che le ha consentito vantaggi strategici competitivi anche di tipo commerciale, ha intensificato relazioni di scambio e delocalizzazioni produttive nel quadrante orientale del continente, puntando a rapporti più stretti, innanzitutto energetici, con la Russia.
Per Washington anche la Germania deve essere ‘dentro’ l’Unione Europea e quindi, dati i connessi meccanismi di funzionamento strutturali, ‘sotto’, con gli USA supervisori della propria creatura (la UE) costruita ufficialmente sin dal 1948 con il Comitato Americano per l’Europa Unita (ACUE).
[Per approfondimenti di politica estera, prevalentemente sull’anno di governo Draghi, si ascolti qui l’intervista richiesta ad Indipendenza da Mario Michele Pascale, quale animatore di una rubrica di una radio locale…]
Ora, alla luce delle linee generali di analisi di cui sopra e delle modalità di intervento su cui ci siamo soffermati parlando di Genova, chi sia interessato a riproporre qualcosa di analogo nei propri luoghi, è invitato a contattarci in privato e comunque a tenere a mente le varie modalità per seguirci e sostenerci.
ass.indipendenza.info@gmail.com – info@rivistaindipendenza.org
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