Novembre 1993 – novembre 2020: 27 anni fa, con il Trattato di Maastricht, nasceva l’Unione Europea (UE). Fu punto d’approdo degli altri Trattati che l’avevano preceduto e fungerà da snodo per gli altri che lo seguiranno: un momento importante di decisa accelerazione del processo di integrazione che, con decisivo impulso e regìa, era stato avviato dagli USA nell’immediato secondo dopoguerra. Euro, mercato comune, vincoli di bilancio (deficit al 3%, debito al 60%), divieto degli aiuti di Stato, verticismo decisionale, ruolo della BCE, questi i tratti che, pressoché tutti, perseguiti nei decenni precedenti la firma, trovarono realizzazione nel 1993.
Al tempo della discussione parlamentare in Italia, poche le presenze in aula (le cronache parlano mediamente di un paio di decine) ma, a leggere i discorsi dell’epoca, dove più dove meno, in non pochi interventi venivano rilevate le implicazioni negative del Trattato sulle politiche di bilancio, sulle politiche economiche, d’investimento, unitamente alla consapevolezza dell’assenza di garanzie sul controllo democratico nella UE. In sede di voto alla fine 403 furono i SI, 46 i NO e 18 gli astenuti.
Guido Carli, uno dei massimi esponenti dell’élite liberale di questo Paese, sul Trattato e sulla UE aveva le idee chiarissime (cfr. Pasquale Setola, Il “vincolo esterno” quale grimaldello politico della élite liberale italiana, in Indipendenza n. 47, luglio/agosto 2019). Nel libro-intervista «Cinquant’anni di vita italiana», pubblicato poco prima della sua morte nell’aprile 1993, scrive: «L’Unione Europea implica la concezione dello ‘Stato minimo’, l’abbandono dell’economia mista, l’abbandono della programmazione economica, una redistribuzione delle responsabilità che restringa il potere delle assemblee parlamentari e aumenti quelle dei governi, l’autonomia impositiva degli enti locali, il ripudio del principio della gratuità diffusa (con la conseguente riforma della sanità e del sistema previdenziale), l’abolizione della scala mobile, la riduzione della presenza dello Stato nel sistema del credito e dell’industria, l’abbandono di comportamenti inflazionistici non soltanto da parte dei lavoratori [leggasi: aumenti salariali, ndr], ma anche da parte dei produttori di servizi, l’abolizione delle normative che stabiliscono prezzi amministrati e tariffe».Non era uno qualsiasi, Carli. Già Governatore della Banca d’Italia dal 1960 al 1975, poi Presidente della Confindustria dal 1976 al 1980, quindi Ministro del Tesoro dal 1989 al 1992, con Mario Draghi ‒allora Direttore Generale del Ministero del Tesoro‒ aveva rappresentato l’Italia nei negoziati per la definizione dei contenuti del Trattato di Maastricht dal 1991 al 1992.
Il nostro augurio in questo 27° anniversario? Liberarci quanto prima da questa gabbia e da questo incubo e lavorare politicamente per questo obiettivo di fase.
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