Nel suo discorso di investitura da presidente del parlamento dell’Unione Europea (UE), David Sassoli (Partito Democratico) ha recitato i soliti mantra di circostanza ed ideologici ‘liberal’.
In tre passaggi (“Recuperare lo spirito di Ventotene”, UE contro la “degenerazione nazionalista”, sull’immigrazione “riforma del Regolamento di Dublino”) è condensata la linea di una UE atlantico-federalista che si contrappone alla UE confederale del direttorio franco-tedesco sublimato nel gennaio scorso (Trattato di Aquisgrana) e già passato all’incasso dei posti istituzionali che contano: Commissione Europea e Banca Centrale Europea.
Entrambe queste ‘visioni’ di UE, che pure condividono dei punti ‘nodali’ (impianto liberista, saccheggio e sfruttamento interno/esterno, propensioni guerrafondaie, ecc.), vogliono riformarne la struttura attuale per specifici e distinti interessi d’affermazione egemonica.
1. Ventotene –per restare alla frazione/filiera di riferimento ideologico di Sassoli– evoca un afflato da Grande Narrazione –senza frontiere sul continente– di unità e fratellanza (di tutt’altro segno nella sua storicità ‘di processo’ e soprattutto di prospettiva, con Altiero Spinelli in prima linea);
2. l’attacco al nazionalismo senza distinguo e analisi di merito, da molto tempo aleggia a tinte fosche e serve per demonizzare ogni rivendicazione nazionale di sovranità tanto più se anti-liberista (anti-capitalistica) e socialmente avanzata, parcheggiandola nell’immaginario collettivo nell’area di destre variamente intese (sovente atlantiche, certamente non anti-sistemiche come idea di società e fondamentalmente anti-nazionali);
3. il fenomeno dell’immigrazione, che si preferisce non analizzare nelle sue cause e responsabilità di innesco, è trattato –e sfruttato– un po’ come un osso per cani da gettare a questo ‘sovranismo di destra’ che dimostra di ben ‘sguazzare’ nella costruzione di uno scontro tra i penultimi e gli ultimi, funzionale da un lato a sviare sui ‘nodi’ di fondo che ‘legano’ il ‘lì’ ed il ‘qui’ fuori/dentro la UE e l’atlantismo, e dall’altro a legittimare alla superficialità dei più la necessità di un governo unitario europeo.
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