Venezuela/Perché Guaidò minaccia l’intervento militare USA nel Paese

Juan Guaidò, l’auto-proclamato presidente del Venezuela ad interim, nonché membro del piccolo e violento partito di estrema destra Voluntad Popular, non esclude di richiedere l’intervento militare degli Stati Uniti nel Paese se lo ritenesse necessario. Intervistato dalla France Press ha aggiunto “faremo il possibile” per evitarlo, ma “faremo il necessario”.

Perché pronunciare parole tanto sfacciatamente minacciose che riecheggiano quelle in regìa dell’amministrazione Trump? Perché ventilare una possibilità di guerra nel proprio Paese con la conseguente carneficina che ne conseguirebbe? Come pensano Guaidò e Washington che la maggioranza dei venezuelani possa aver dimenticato il nefasto ruolo svolto (perlomeno già a partire dagli anni Quaranta del Novecento) dagli Stati Uniti a sostegno della dittatura militare che ne spalleggiava gli interessi unitamente a quelli delle oligarchie compradore in scia? Come pensano Guaidò e Washington che la maggioranza dei venezuelani possano aver dimenticato detto ruolo nefasto protrattosi anche nella fase successiva, (pseudo) “democratica”, con l’immutata salvaguardia degli interessi di cui sopra? Come pensano Guaidò e Washington che la maggioranza dei venezuelani possa aver dimenticato il netto voltar pagina nel 1999 con l’avvio della ormai ventennale, ancorché giovane, esperienza bolivariana?

Washington, le multinazionali, le grandi famiglie del notabilato locale, le oligarchie politico-affaristiche interne avevano immiserito, prostrato, affamato, privato delle cure sanitarie, dell’istruzione, dei più elementari diritti milioni e milioni di venezuelani. Oggi ritornano alla carica e sponsorizzano l’attuale tentativo di golpe interno. Come pensano Guaidò e Washington che la maggioranza dei venezuelani sia dimentica di quel passato e vi voglia tornare? Non a caso il consenso lo ottengono soprattutto tra le tradizionali famiglie oligarchiche del Paese (sparse tra i tanti litigiosi e conflittuali tra loro partiti di opposizione) e tra quegli strati di media-alta borghesia che vuole tornare a godere di vantaggi e privilegi. Gli scenari prefigurati da Guaidò sono allettanti e preannunciano un ritorno al saccheggio delle enormi ricchezze del Paese (petrolio, gas, coltan, oro, bauxite, uranio, ecc.). Certo, c’è insoddisfazione tra strati di popolazione marginalizzata che ancora non ha beneficiato in tutti i campi (ad es. la casa) di quelle misure di dignità e di emersione dall’indigenza che milioni di venezuelani hanno già conosciuto e altri stanno conoscendo. Nonostante il forte impulso dato alle politiche sociali, vent’anni di rivoluzione bolivariana non sono molti a fronte delle condizioni di partenza del Paese, catastrofiche ed inimmaginabili. E come una mannaia è calato l’embargo imposto dagli Stati Uniti, indurito nell’agosto 2017 per colpire l’importazione di generi alimentari, prodotti di prima necessità e medicinali.

Perché parole tanto sfacciatamente minacciose, perché ventilare la guerra nel proprio Paese? In parte perché la posizione di Guaidò si è complicata dopo che il Tribunale Supremo di Giustizia lo ha accusato di “usurpazione” per avere “preteso di esercitare funzioni inerenti alla Presidenza della Repubblica”, ha dichiarato “nullo e senza valore” lo “Statuto di Transizione” varato in applicazione del suo programma politico, costituendo una “grottesca deformazione” dell’organizzazione dei poteri prevista dalla Costituzione, nonché condannato come un “atto di forza” le iniziative dell’Assemblea Nazionale, un “atto destabilizzante diretto”, un “vero e proprio assalto” contro gli organi dello Stato, lanciato in base a “una grossolana ignoranza delle norme che reggono i poteri pubblici”.

Per questo –ma anche più che per questo– nervosismo e minacce stanno acuendosi, perché l’enorme pressione a tutto campo dispiegata per rovesciare la repubblica bolivariana non sta sortendo gli effetti desiderati. Il tentativo di farla implodere dall’interno non sta funzionando. L’esercito sta tenendo e nella società il consenso per il governo e la presidenza bolivariane rimane alto, come si è visto nelle urne e come si vede nelle continue ed imponenti manifestazioni di piazza oscurate dalla grancassa massmediatica atlantica ma teletrasmesse nel Paese da Telesur, a fronte di quelle più modeste pro Guaidò.

Il modulo USA, in casi come questi, prevede un inasprimento delle sofferenze delle popolazioni (sanzioni ulteriori, ad es.) confidando in rivolte dettate dall’esasperazione e alimentate anche con dei primi bagni di sangue (cecchini che sparano sui manifestanti e sulla polizia). È successo in Iran, in Libia, in Siria, in Ucraina… È già successo a Caracas, nel golpe dell’aprile del 2002. Anche quando si è passati alla fase successiva con l’interventismo militare diretto (Iraq, Afghanistan) o per procura (Libia, Siria, Ucraina) gli esiti non sempre sono stati quelli sperati.

Nonostante le minacce della Casa Bianca e del suo costruito ascaro locale Guaidò, in Venezuela si resiste. Contro la barbarie, in nome della Patria e della dignità.

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