Referendum giustizia: rifiutare il garantismo di cartone

Il 12 giugno 2022 si voterà su cinque quesiti referendari abrogativi (dunque con quorum per la validità ai sensi dell’art. 75 Costituzione) in materia di giustizia. La matrice culturale dell’iniziativa (Lega e Radicali) dice molto e fa sorridere che il partito della ‘tolleranza zero’ vada a braccetto con quello dei ‘diritti civili’ e del ‘garantismo’: ovviamente tutto s’inscrive nella farsa cosmetica delle varie screziature con le quali le forze politiche declinano la linea euroatlantica di cui sono espressione.

Nulla per dotare l’apparato della giurisdizione di strutture e mezzi decorosi e degni di un Paese civile, nulla per garantire una difesa tecnica gratuita alla fascia di non abbienti che non rientrano negli a dir poco angusti parametri del ‘patrocinio a spese dello Stato’, nulla per invertire la rotta sul galoppante fenomeno della privatizzazione della giustizia (degiurisdizionalizzazione, come piace dire ai raffinati) ormai a tutti gli effetti un bene di lusso (arbitrato, mediazioni e negoziazioni assistita) in ragione dei costi di accesso (contributi unificati, imposte di registro, diritti e spese di giudizio).

Si tratta di quesiti che, nel loro orizzonte culturale, muovono da presupposti a dir poco puerili per quanto coerenti con la matrice culturale che li esprime: la ‘terzietà’ astratta e l’individualismo nonché il tentativo di ricondurre la giurisdizione a un fatto meccanico puntando a contrastare l’ineliminabile sensibilità dell’individuo nell’esercizio di tale attività, quale ne sia il ruolo. L’abuso può e anzi deve essere contrastato solo con la presenza di mezzi efficaci ed effettivi per correggere l’errore (un appello rapido e non a distanza di anni così come una veloce definizione di merito, per esempio), l’imposizione di effettive e verificabili indagini a discarico per il pubblico ministero (oggi solo ‘sulla carta’ ai sensi dell’art. 358 C.P.), meccanismi di controllo e verifica sulle nomine e assegnazioni ma anche sull’accesso alla professione di magistrato, insomma in un’ottica di sistema e non certo incentrando l’attenzione sul singolo magistrato.  

Ciò permetterebbe di superare, ad esempio, il problema posto dal quesito sulla c.d. ‘legge Severino’ giacché in tempi rapidi potrebbe definirsi la vicenda processuale che coinvolge il politico o l’amministratore condannato in via non definitiva.

Si interviene a favore dei colletti bianchi nel quesito sulla custodia cautelare perché, al di là degli abusi da contrastare doverosamente, è importante evidenziare che l’assenza di misure coercitive lascia intatto l’esercizio delle funzioni pubbliche o direttive nelle persone giuridiche (imprese), quindi chi ne sarà maggiormente interessato sarà innanzitutto quella tipologia di figure.  

Si critica poi l’unitarietà della funzione giurisdizionale con il mai nascosto intendimento di schiacciare il PM sull’attività di polizia e una maggiore attrazione all’orbita dell’esecutivo giacché non va dimenticato che il mai nascosto secondo fine delle culture politiche che hanno promosso la consultazione è sempre quello di arrivare a un’azione penale non più obbligatoria ma discrezionale e quindi intrinsecamente connotata secondo i rapporti di forza vigenti al momento dello svolgimento delle indagini.

Riteniamo quindi che il SI sia una posizione politicamente inaccettabile così come lo è l’astensione che alimenta la spirale di delegittimazione del voto e dei meccanismi partecipativi, riteniamo quindi che, in ossequio al ‘dovere civico’ sull’esercizio del voto, sia necessario votare NO ai quesiti oggetto di consultazione, ciò ovviamente nella prospettiva di organizzare una battaglia politica per una giustizia costituzionalmente orientata e capace di rendere effettive le istanze di uguaglianza sostanziale, economicità di oneri e celerità: d’altro canto si tratta di una delle fondamentali attribuzioni della sovranità quindi è impensabile che istanze davvero migliorative provengano da forze politiche che hanno accettato e attivamente promosso il processo di integrazione sovranazionale/europea e disgregazione della dimensione nazionale difatti dietro i referendum c’è la riforma Cartabia attraverso la quale verranno declinate le condizionalità del PNRR nel comparto giustizia.

Convergenze atlantiche sulla Giustizia

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