Nuovo atto della guerra finanziaria USA alla Russia: portare artificialmente al default il suo debito estero sovrano. Un minuto dopo la mezzanotte americana del 25 maggio, la Casa Bianca ha lasciato scadere, senza rinnovarla, una licenza che in questi due mesi aveva autorizzato gli investitori americani –malgrado le sanzioni– a ricevere da Mosca attraverso banche americane e internazionali pagamenti degli interessi, dividendi o cedole su bond detenuti dalla Banca centrale russa, dal Fondo sovrano per gli investimenti o dal ministero delle Finanze. Parliamo di 2 miliardi di dollari in scadenza da qui alla fine dell’anno sono, su un totale di 20, una cifra «sistematicamente non rilevante», secondo il Fondo monetario internazionale.
Oltre al danno di immagine, si punta ad affossare i rating (valutazioni finanziarie) già a livelli “junk” (“spazzatura”) e far lievitare i costi dell’indebitamento futuro, intimidendo i Paesi vicini a Mosca di poter incorrere in sanzioni secondarie USA e disincentivando gli investimenti in Russia. Mosca ha risposto ieri con il suo ministro delle Finanze, Anton Siluanov.
Primo. I pagamenti verranno effettuati in rubli, convertibili in un secondo tempo nella valuta di partenza della relativa emissione tramite un istituto finanziario russo come agente di pagamento. Secondo. Mosca andrà per vie legali se costretta a violare i propri impegni, visto che può pagare in dollari nonostante il congelamento voluto dagli USA di 300 miliardi di dollari detenuti in Europa e negli USA.
Mosca ne ha accantonati in dollari ed euro il doppio (600 miliardi) proprio in previsione di questa situazione aggressiva dell’Occidente (per Mosca irreversibile dal colpo di Stato filo-USA a Kiev nel 2014) ed ogni giorno continuano ad affluire pagamenti di gas e petrolio che i prezzi attuali portano anche a un miliardo di dollari al giorno. Fin dal suo arrivo al potere Vladimir Putin ha posto la riduzione del debito estero tra le priorità, per non lasciare il Paese nella dipendenza dall’estero vissuta negli anni Novanta: la ricostruzione della potenza russa è passata anche da questo.
In Germania, tra gli analisti finanziari c’è sorpresa del fatto che le sanzioni non siano riuscite a mettere in crisi l’economia russa. Ora anche la pubblicazione tedesca Deutsche Wirtschafts Nachrichten, europeista e filo-atlantica, attenta agli interessi economici della media impresa tedesca e della stessa classe media, nei suoi lanci di notizie fa emergere che il sistema finanziario russo continua a funzionare e che il tasso di cambio del rublo batte tutti i record degli ultimi sette anni.
La previsione di un crollo del rublo e di una recessione economica come conseguenza a breve delle sanzioni si è rivelata finora un errore. Chi continua a difenderle afferma che la Russia si era ben preparata per la guerra economica, ma che comunque sul lungo periodo quelle previsioni si verificheranno. Sempre più commentatori osservano, però, che ad entrare in spirali inflattive e recessive sono i Paesi dell’Unione Europea, che la situazione di questo passo è destinata a peggiorare, che nella UE non ci si può esimere dal comprare petrolio e gas russi.
La Russia, viceversa, sta compensando le perdite sul mercato europeo riorientandosi sempre più verso i mercati di India e Cina. Intanto il governo tedesco e lo stesso governo Draghi, baldanzoso sulle sanzioni fino a non molti giorni fa, hanno permesso alle società dei rispettivi Paesi di acquistare gas in rubli.
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