Francesco Labonia, componente della redazione della rivista (cartacea) “Indipendenza” e del direttivo dell’omonima associazione, nel corso del suo intervento (registrato il 25 gennaio 2022) ha affrontato in linea generale i punti apicali dello scenario geopolitico dal secondo dopoguerra alla Guerra Fredda, soffermandosi in modo più approfondito sui cambiamenti prodottisi dopo la fine della stessa, con l’apertura di una nuova fase in essere sino ai giorni nostri.
Le crisi del combinato disposto UE-euro, innervate su direttive e vincoli austeritario-depressivi in campo economico-sociale, in assenza di sovranità monetaria, sono l’esito di una razionalità geopolitica strategica nordamericana di vecchia data (dall’immediato secondo dopoguerra) e di lungo respiro (approdo ad un Mercato Unico Europeo prima e Transatlantico poi). Obiettivo: tutti ‘dentro’ e, soprattutto, la Germania ‘sotto’.
Nella fase del processo d’integrazione europea post “Guerra Fredda” da Washington ci si è preoccupati, con il sostegno interessato di Parigi, di tenere dentro, più strettamente di prima, una Germania inizialmente riottosa, ma poi convinta ad entrare nel sistema di regole attivato con Maastricht (1992) e nell’euro grazie alle deroghe e alle conseguenti rendite di vantaggio che le sarebbero derivate nel suo sviluppo commerciale nella concorrenza con Paesi dall’economia a lei simile (Italia in primis).
Lo scardinamento delle sovranità è avviato con i cosiddetti debiti sovrani, da trasformare da “pubblici” in “esteri”. Perché da pubblici divenissero esteri (cioè appannaggio di soggetti il più possibile esterni) ed inestinguibili, era necessario eliminare sovranità monetaria e protezionismo finanziario, per cominciare. Quindi sottrarre il controllo sulla propria Banca centrale non più prestatrice d’ultima istanza; smantellare i controlli di politica valutaria e del credito; vanificare un’autonomia d’indirizzo economico. Costretto a finanziarsi sui mercati esteri ogni Stato alza i tassi d’interesse per rendere appetibile l’acquisto dei propri titoli ed il ricorso ai derivati (titoli tossici), immessi sul mercato prevalentemente da banche d’affari USA, concorre ad alimentare spirali debitorie strutturali e senza fine.
Da qui il sistema vincolistico recessivo con tagli alla spesa pubblica (pensioni, istruzione, sanità, ecc.), compressioni reddituali e del tenore di vita generale, tassazioni crescenti, implosioni di imprese, licenziamenti e non occupazione, cancellazione di diritti, crollo della domanda interna, dismissione di beni pubblici e del controllo di Stato in settori strategici, banche che erogano con il contagocce crediti a famiglie ed imprese, preferendo la più remunerativa speculazione a danno degli stessi Stati.
Il contenimento progressivo della Germania in ascesa come potenza regionale lo si inizia a perseguire già agli inizi degli anni Novanta tramite guerre nei Balcani e nel mondo arabo. L’apice è raggiunto con il colpo di Stato eterodiretto da Washington in Ucraina (2014). Il fine: ‘contenere’ la Germania nella UE, rompere la sua spinta espansiva commerciale ad Est e determinare, attraverso il meccanismo progressivamente sanzionatorio nei confronti di Mosca, un corto circuito anche nel suo approvvigionamento energetico per il tramite del nuovo gasdotto Nord Stream 2: insomma, una nuova Cortina di Ferro, un nuovo Muro in funzione sì anti-russa ma anche anti-tedesca.
Il relatore quindi, correlando i recenti accadimenti in Bielorussia e Kazakistan, si è soffermato sulla reviviscenza della crisi in Ucraina, non mancando di sottolineare implicazioni e ripercussioni anche per l’Italia e correlati aspetti della sua condizione di subalternità (“Trattato” cosiddetto “del Quirinale” con la Francia).
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