L’art. 6 del DDL Concorrenza s’inscrive nella marcia a tappe forzate lungo le linee d’indirizzo europee/mercatiste per asfissiare gli enti locali che mai volessero ipotizzare alternative nella gestione dei servizi pubblici, che sarebbero gravati ai sensi della lettera f) di detto articolo, di un vero e proprio vincolo ‘tecnico’ da parte dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato: insomma, prima il profitto poi, se avanza, i diritti dei cittadini.
Niente di cui stupirsi con al governo “Lui”, Mario Draghi, coestensore della ‘lettera della BCE’ dell’agosto 2011, come ricordavamo.
Siamo oltre la scelta di campo (pro mercato!) di asfissiare le imprese pubbliche ‘in house’, che provvedono come realtà di scopo al soddisfacimento dei bisogni collettivi, scelta finalizzata a dare spazi di intervento maggiori alla speculazione privata e, in prospettiva, a nuove privatizzazioni, tagli e ‘razionalizzazioni’. Qui si parla proprio di una cesura di metodo in cui il privato viene scelto come opzione normativa.
Da dove ciò derivi è facile leggerlo scorrendo sempre l’articolo 6, alla lettera m) estensione, nel rispetto della normativa dell’Unione Europea, della disciplina applicabile ai servizi pubblici locali, in materia di scelta della modalità di gestione del servizio e di affidamento dei contratti, anche al settore del trasporto pubblico locale.
Insomma, il problema sistemico è e resta sempre l’appartenenza all’Unione Europea; qualsiasi altro aspetto ne discende a mo’ di corollario. Non possiamo che auspicare che tale consapevolezza avanzi ulteriormente in seno, fra l’altro, al Forum della Convergenza dei Movimenti promosso dalla ‘Società della Cura’ per i prossimi 25-27 febbraio per coordinare e articolare un’opposizione che radichi le sue ragioni su una cesura netta e senza esitazioni con l’ordine giuridico e politico comunitario.
Indipendenza non mancherà di fornire il suo contributo di idee.
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