“Con il Ponte Morandi sono crollate le fondamenta del vivere civile, che è alla base della nostra comunità”, ha dichiarato ieri, nel terzo anniversario del crollo, il presidente del Consiglio Draghi. E ancora, nel suo messaggio: “A Genova lo Stato ha tradito la fiducia che i cittadini ripongono nei confronti delle istituzioni”.
Parole che andrebbero così ‘parafrasate’.
Con il Ponte Morandi sono crollate ancora una volta le tesi che privatizzare beni e servizi di pubblica utilità “è bello” e che il ruolo dello Stato deve essere minimale, facilitare questi processi e fungere da ente pagatore, con i soldi pubblici, dei danni e delle tragedie che li accompagnano. Il Ponte Morandi è il prodotto del rigore dei conti e delle direttive neoliberali targate UE, di un modello di gestione anche nel campo delle infrastrutture messe in piedi coi fondi pubblici e poi regalate/svendute a speculatori privati. Il crollo del Ponte Morandi è l’ennesima dimostrazione dell’inconciliabilità degli interessi privati volti al profitto minimizzando i costi (del lavoro, del materiale usato, delle manutenzioni, ecc.) con le esigenze di pubblica utilità e sicurezza sociale, pubblica, per la quale ci vuole solo e soltanto uno Stato degno di questo nome, ed orientato in modo ben diverso dall’attuale.
Draghi è stato e continua ad essere protagonista, con altri come lui, di quel sistema del mercato altamente competitivo e liberalizzato da cui è derivata anche quella tragedia.
15 agosto 2021
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