Daniele De Rossi, ex capitano giallorosso, componente del gruppo tecnico dell’Italia calcistica che ha vinto gli Europei, è stato intervistato ieri da Sportweek.
Tra gli argomenti, il giornalista gli ha chiesto della sua esperienza allo Spallanzani, quando ha contratto il Covid: «L’ho preso in Bulgaria con la Nazionale. Sono stato subito male con febbre alta, ma l’ho sottovalutato. Avevo letto che alla mia età, 37 anni, al massimo avevi tre giorni di febbre. Invece è stato un crescendo. Ho vissuto tre fasi. La prima, di malessere vero: tosse tutto il giorno e nausea. Spossante. La seconda, della paura. In ospedale allo Spallanzani, dopo aver preso la saturazione che misurava 87 i dottori, che non smetterò mai di ringraziare, hanno cambiato faccia. Sono stato quattro giorni sotto ossigeno. La terza fase è stata quella dell’attesa. Finiti i sintomi, sono rimasto 18 giorni positivo, senza poter uscire». Quindi l’intervistatore: «Impazza la protesta dei no vax: che ne pensi?». Così De Rossi: «Sono vaccinato, mai stato contro. Posso capire l’anziano che ha paura delle reazioni, ma le manifestazioni in piazza di chi parla di complotti e nega il Covid, le ritengo pura follia. Avere intorno gente che ragiona così mi spaventa. Il vaccino è l’unica strada per tornare ad avere una vita normale. Gli obblighi e le imposizioni mi fanno schifo sempre, la democrazia non si tocca, ma la tua libertà di scegliere non può intaccare la mia salute».
De Rossi è l’espressione riflessa, da non banalizzare, della percezione (si rilegga la sua ultima risposta) diffusa dalle argomentazioni di chi, sul virus, ha evocato fantasmagorici complotti e negato l’esistenza del Covid, al più ritenendola poco più di un’influenza.
Ebbene, governo, esperti o presunti tali, la compagnia di giro massmediatica non hanno fatto altro che amplificare quelle argomentazioni. Reiterate per mesi, alla fine hanno sedimentato e reso coloro che le sostenevano funzionali alla narrativa mainstream/governativa.
Un’ultra minoranza chiassosa, ininfluente, incapace di dare risposte se non uscite da individualismo iper liberale o da darwinismo sociale (peraltro speculari all’ideologia governativo-sistemica). Valide critiche alla gestione (fino ad oggi) della pandemia sono state e continuano ad essere oscurate.
Lo sfascio della sanità pubblica e l’assoluta impreparazione (per via anche dei tagli euro-austeritari effettuati), la più che demenziale gestione dell’epidemia emersa da subito, sia con il governo Conte che con quello Draghi, e che si riproporrà con il sopraggiungere di altre pandemie cui si ritiene di rispondere solo con farmaci e vaccini (sperimentali), ebbene, tutto questo è stato ignorato, evitato, eluso.
Si è consentito a queste classi dominanti di rivendicare “Prima la salute!” mentre andavano e andrebbero -loro- incalzati sull’essere progressivi “affossatori” della salute pubblica (si veda anche la “Missione Salute” del Pnrr Draghi-UE). Perché non coinvolgere strati sociali più ampi possibili, collegando quanto sopra alle cause del diffondersi (anche) delle malattie zoonotiche (da animale a uomo), ai disastri socio-ambientali prodotti dal modo di produzione capitalistico e dal suo modello antropologico, alle conseguenze catastrofiche (esempio chiusure di fabbriche con relativi cassaintegrati e licenziati, o svariati comparti del terziario o della piccola-media impresa che hanno peggiorato lo stato di crisi già esistente da molto tempo per il combinato UE-euro, ecc.) che l’Italia, con il suo status coloniale, sta sempre più pagando e soffrendo nel quadro del dominio euro-atlantico?
Su questi terreni di lotta Indipendenza da tempo stringe rapporti e invita a confrontarsi e a convergere nell’azione.
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