Un murale fotografato a Roma, a Trastevere, agli inizi dello scorso dicembre e tenuto da parte per questi giorni. Si vedono Renzi (IV), Zingaretti (PD), Di Maio (M5S) e ‘Lui’, il novello ‘Uomo della Provvidenza’, il liquidatore contoterzista dell’industria pubblica italiana negli anni Novanta, atlantista di ferro e quindi alter euro-unionista.
Mancano altri personaggi, ma si sarebbe rimediato con alcune righe d’accompagno…
La grande ammucchiata del governo Draghi riecheggia quella del governo Monti di 10 anni fa.
Sul fronte ‘destro’, le novità ‘estetiche’: allora ‘fuori’ rimase solo la Lega e ‘dentro’ (insieme a diversi ‘cespugli’ centristi e al Partito Democratico) entrò il Popolo della Libertà, dal 2009 unione di Forza Italia e di AN, dalla quale anni dopo sarebbe nata Fratelli d’Italia.
Oggi, a parte Forza Italia ‘fedele’ alla linea senza tatticismi, si profila ‘a destra’ un avvicendamento del testimone: ‘dentro’ la Lega che chiede ministeri, ‘fuori’ Fratelli d’Italia che punta a raccogliere gli scontenti della Lega.
Sarà, assicura la Meloni, una opposizione ‘responsabile’. L’atlantismo suo e del suo partito resta infatti di ferro, come da ‘tradizione’ storica.
L’ultimo passaggio significativo il suo ingresso pochissimi giorni fa (con una tempistica curiosa…) nell’Aspen Institute, uno dei più influenti pensatoi statunitensi al mondo. Nella sezione italiana troviamo Giulio Tremonti, John Elkann, Mario Monti, Giorgio Napolitano, Romano Prodi, Giuliano Amato, Paolo Mieli, Gianni Letta, Paolo Savona, ecc.
Su Draghi? “Si doveva andare a votare”, reitera la Meloni ma poi, sul resto, non lascia adito a dubbi. Apprezza la “serietà” di Draghi ma diffida di chi si accompagna con lui e cita Matteo Renzi “un genio che gioca a poker con la vita degli italiani”. E aggiunge, “tifo per Draghi perché sia la persona che dicono: un patriota che vuole salvare l’Italia dopo che ha salvato l’Europa. Ho dei dubbi, date le condizioni in cui lavorerà, che la cosa sarà così fantasmagorica”.

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