Assassinato ieri in un attacco terroristico vicino a Absard (70-80 km a est di Teheran), Mohsen Fakhrizadeh, lo scienziato a capo del programma nucleare iraniano. Modalità di intervento, stando alle prime ricostruzioni, molto accurate e già viste in occasione dell’assassinio di altri scienziati che Teheran attribuisce al Mossad israeliano: bombe magnetiche applicate all’auto, una moto o auto come trappola esplosiva, killer in moto, più gruppi a far fuoco sull’obiettivo e sulla scorta. Il tutto in un quadro che ha visto negli anni incidenti ed esplosioni in siti atomici, l’atto più grave a Natanz pochi mesi fa, ai primi di luglio.
Due anni fa, nel 2018, a fine aprile, il primo ministro israeliano Bibi Netanyahu, in conferenza stampa, con riferimento al programma iraniano SPND, individuava proprio in Fakhrizadeh “un nome da tenere a mente” e ne proiettava una foto. In generale ricorreva nei rapporti internazionali (aveva guidato il programma nucleare militare di Teheran fino alla sua chiusura, all’inizio degli anni 2000) e continuava ad essere indicato da Israele e USA come figura di riferimento del programma nucleare anche civile. Fonti di stampa israeliana già da tempo lo davano nella lista degli obiettivi del Mossad. Un paio di settimane fa, scrivevano New Jork Times e Reuters citando quattro fonti dell’amministrazione USA, Trump avrebbe chiesto ai suoi consiglieri più stretti di valutare l’opzione di un attacco contro l’Iran, per bloccarne il programma nucleare, venendo dissuaso dal farlo per la certezza di una spirale di tensione nella regione a poche settimane dalla fine del suo mandato.
Colpisce che pochi giorni fa, in Arabia Saudita, si sia tenuto un vertice tra il segretario di Stato USA, Mike Pompeo, il principe ereditario saudita Mohammed e Netanyahu accompagnato dal capo del Mossad, Yossi Cohen. Tema principale, manco a dirlo, proprio l’Iran.
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