Nel solco dello stragismo di ‘doppio livello’ in Italia

Intervista a

Paolo Cucchiarelli

(su “Via Po Cultura”, a firma Giampiero Guadagni)

USTICA&BOLOGNA. LE DUE STRAGI
Quarant’anni fa, il 2 agosto 1980, la strage alla stazione di Bologna: 85 morti ufficiali. Trentasei giorni prima, il 27 giugno un aereo passeggeri, il DC9 Itavia partito da Bologna e diretto a Palermo, viene abbattuto (secondo altri esplode) nei cieli di Ustica, causando 81 vittime. In poco più di un mese, 166 tra uomini, donne e bambini innocenti vengono uccisi senza un perché ancora chiarito, senza mandanti definitivamente scoperti. Nel libro “Ustica&Bologna. Attacco all’Italia” (La Nave di Teseo), il giornalista d’inchiesta Paolo Cucchiarelli per la prima volta mette a fuoco la relazione tra le due stragi, dando ordine dopo sette anni di lavoro ad una quantità straordinaria di documenti, dichiarazioni, sentenze, inchieste giudiziarie, inchieste giornalistiche, scatti fotografici, tracciati radar.
Cucchiarelli, intanto: quali sono il contesto e il significato politico delle stragi del 1980?
“Si è trattato di un “uno-due” sanguinoso e unico tirato al nostro Paese. Quello dell’estate 1980 fu il sanguinoso tentativo di strutture parallele americane, francesi e probabilmente israeliane di richiamare all’ordine l’Italia che trafficava uranio con chi non doveva; e aveva una politica estera riassunta nel Lodo Moro, cioè un ruolo attivo nel mondo arabo e nel Mediterraneo non più gradito al “nuovo” che in quei mesi si faceva avanti.”
In cosa consisteva il Lodo Moro?
“Con il Lodo Moro veniva garantito il libero passaggio di armi ed esplosivi palestinesi in Italia in cambio di una rinuncia ad atti di terrorismo sul nostro territorio e del nostro impegno politico a promuovere il pieno riconoscimento dell’Olp nel consesso internazionale. Nel 1980 tutti questi precari equilibri politici ed economici, che avevano retto dopo l’uccisione di Aldo Moro, saltano in aria come accade alla stazione di Bologna il 2 agosto.”
Quali sono i legami tra i due drammatici eventi di Ustica e Bologna?
“Il messaggio – non recepito – inviato con l’abbattimento del Dc9 con modalità “non ortodosse” e terribili spinse chi di dovere a replicare il messaggio durante il rientro di un trasporto di esplosivo palestinese in transito a Bologna che era stato custodito a Lula, in una grotta del monte Albo nel nuorese.”
Che intendi per modalità “non ortodosse” e terribili nel caso di Ustica?
“L’attacco all’aereo dell’Itavia fu deliberato; il Dc9 fu abbattuto con una complessa azione. Un attacco “non ortodosso” cioè portato con modalità che nelle intenzioni non dovevano lasciare tracce sul velivolo dell’Itavia, “invisibili” ai radar. L’ipotesi dell’attacco “non ortodosso” non è mai stata avanzata fino ad oggi.
L’ultima parola registrata in cabina è quella del comandante Gatti che dice “Gua..” al suo vice Fontana. Oggi si sa qualcosa in più: che la frase era probabilmente “Guarda, cosa è”. L’inchiesta spiega che quel richiamo di allarme era motivato da una situazione molto particolare: l’arrivo dall’alto, davanti alla cabina di pilotaggio, di un jet militare che usa come “arma” i retrogetti del velivolo militare. Lo sfiammata è documentata da foto della cabina, elementi tecnici e da un ampio incrocio di fatti e riscontri. Si voleva “zittire” il Dc9. Il secondo atto dell’attacco fu il lasciar cadere sull’ala sinistra del Dc9 un serbatoio ausiliario di un jet aggressore. Spezzandosi l’ala si avvia il break up, cioè la destrutturazione del velivolo. Ho rintracciato anche il luogo in cui cadde un F14 Usa la sera di Ustica a Castelsilano e risolve il mistero del Mig 23 caduto in luglio, sempre a Castelsilano: il pilota si suicidò dopo essere stato tutelato e protetto dagli italiani. Il Mig 23 libico scortava il Dc9 italiano che trasportava l’uranio per Libia e Pakistan.”
Perché il Dc9 non doveva assolutamente arrivare a destinazione?
“Perché a bordo vi era materiale nucleare destinato a Gheddafi che mirava a realizzare, come dimostra l’inchiesta, una bomba nucleare sporca in grado di colpire il sud dell’Europa e Israele.
Vi erano anche barre del combustibile nucleare destinate al progetto di bomba islamica che il Pakistan stava completando.”
E qual è la tua lettura su Bologna?
“Secondo le recenti indagini della Procura generale di Bologna mandante-pagatore della strage del 2 agosto sono gli Usa. Esattamente la conclusione di questa inchiesta, che ipotizza il coinvolgimento operativo degli americani del Secret Team, dei francesi delle Squadre di azione civile e del Mossad o comunque di strutture legate all’intelligence israeliana. Protagonisti operativi nelle vicende di Ustica e Bologna sono i mercenari di Bob Denard, importante soldato di ventura francese, e ciò anche per testimonianze fatte in tempi e da soggetti diversi: e cioè l’estremista di destra Marco Affatigato (per la vicenda Ustica) e il pentito di Ordine nuovo Carlo Digilio (per Bologna).”
Cosa accade dunque il 2 agosto 1980 a Bologna?
“Io parto da elementi persi, dimenticati, non valutati o semplicemente mai presi in considerazione. E arrivo alla seria ipotesi che nella sala di aspetto di seconda classe siano saltate in aria, a distanza di pochi attimi, due bombe. Una posta dai “ragazzini” dei Nar, secondo l’estremista di destra Marco Affatigato su istigazione dei nostri servizi segreti; l’altra è l’ormai famoso trasporto di esplosivo (inerte) destinato alla rete del terrorista internazionale Carlos. Due le varianti lasciate aperte dall’inchiesta: la bomba dei “ragazzini” determina (cosa molto difficile da un punto di vista pratico) lo scoppio del trasporto di esplosivo destinato alla rete di Carlos; oppure c’è un intervento doloso da parte di strutture parallele indicate da Digilio nei mercenari di Bob Denard per far saltare in aria, come ha più volte raccontato in diverse interviste, proprio Carlos e anche esponenti dell’Olp. In questo caso lo scoppio della bomba dei “ragazzini” determina la deflagrazione, tramite il detonatore plastico, anche del trasporto e il moltiplicarsi esponenziale dei morti e della distruzione in stazione. Un “pacco” che gli americani tirano agli italiani e che costringe tutti al silenzio. Affatigato propone una incredibile motivazione: i servizi italiani volevano “tutelare” – con la bomba dei “ragazzini”- i palestinesi, impedendo loro un terribile attentato di vendetta per la rottura unilaterale del Lodo Moro da parte dell’Italia. Gli sviluppi sul tema e i riscontri sono sorprendenti.
D’altra parte molti testimoni sentirono due distinte scoppi. Secondo la mia ricostruzione la seconda bomba è quella che “volatilizza” l’insegnante sarda Maria Fresu, uno dei grandi enigmi della strage, l’86.ma vittima. Proprio dove era la Fresu c’era, secondo l’allora Prefetto di Bologna Ferrante, un possibile secondo cratere. Già il 4 agosto 1980 il presidente del Consiglio Cossiga disse in Senato che potevano esserci due bombe e più attentatori.”
L’ipotesi delle due bombe “che tutti incastra” accomuna, nelle tue inchieste giornalistiche, la strage di Bologna a quella in Piazza Fontana …
“Il “doppio” è presente nella nostra storia fin dalla prima strage, quella di Portella della Ginestra del maggio 1947. Lo ritroviamo a Ustica, a Bologna. E anche a Capaci e, capiremo presto, anche in via D’Amelio. Si tratta di schemi di intelligence, un modulo operativo che indica che qualcuno vuole intervenire senza essere ufficialmente presente.”
Hai citato più volte Marco Affatigato. Nel libro c’è una tua intervista inedita. Che personaggio è?
“Affatigato fa da fil rouge delle due vicende. La sua è una intervista straordinaria e per molti versi sorprendente. Marco Affatigato, ex estremista di destra, è figura del tutto particolare che assume un ruolo molto importante nelle due stragi. È un uomo dall’insolito destino, estremista di destra che cerca la sua verità, stimato da Sandro Pertini e vittima di uno strano depistaggio essendo stato dato per presente a bordo del Dc9 inabissatosi in mare a Ustica; e poi primo fermato perché sospettato di aver fatto saltare in aria la stazione di Bologna.”
Da quello sulla strage di Piazza Fontana ai due su Moro, fino a quello appena uscito, i tuoi libri d’inchiesta sono decisamente innovativi. Qual è il tuo metodo di lavoro ?
“Cito un mio lettore che ha sintetizzato così: “Cucchiarelli mette insieme nella maniera più giusta tessere che già c’erano e che tutti – chi più, chi meno scientemente- hanno sempre montato in modo maldestro. E così finisce per arrivare prima di tutti quanti… “.
In tutta questa inchiesta – al di là delle parole “in chiaro” di Affatigato – non vi è un solo documento segreto, una gola profonda o un qualcosa che non sia ben conosciuto da magistrati, giornalisti e studiosi. Ho solo sviluppato alcuni decisivi fili che nessuno finora aveva voluto vedere e tirare.
Il modo con cui si arriva a certi risultati è il frutto di un “immergersi” totale nel tema; una dedizione totale alla ricerca di quelle tessere sicuramente genuine del puzzle che piantate sul tavolo della ricerca indicano rotta, obiettivi; suggeriscono e richiamano altre “tessere”, temi, riscontri su bugie, documenti, affermazioni, interviste. Le tessere “certe” messe sul tavolo che indicano il passo successivo della ricerca.
E capisci che stai sulla strada giusta quando i “misteri” diventano leggibili, le “tessere” del puzzle si vanno a deporre nella giusta collocazione e le cose si legano l’una all’altra. Come nell’attacco non ortodosso al Dc9 di Ustica dove ho visto allinearsi tutti i dati “anomali” che fino a quel momento erano solo incongruenze di una storia senza un ben preciso percorso. E ti accorgi che non hai sbagliato quando, come a biliardo, tutte le palle vanno a buca e sul tavolo non rimane più nulla.”
C’è stata qualche reazione a questo tuo libro? Cosa ti aspetti in merito?
“Non mi aspetto nulla. Come accaduto per altri miei lavori che hanno cambiato le carte in tavola. Ad esempio, dopo quello che ho scritto sul sequestro e l’omicidio Moro mi sarei aspettato di interloquire con la Commissione parlamentare d’inchiesta, come peraltro da me più volte inutilmente sollecitato.”
cucchiarelli
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