Affinità elettive europeiste-atlantiche!
Sul Corriere della Sera di ieri Francesco Verderami, in un servizio sulla corsa alla presidenza della Repubblica, snocciola una serie di nomi, dai probabili agli azzardati. Tra questi Mario Monti, il falco austeritario ex presidente del Consiglio dal robustissimo curriculum dentro le istituzioni europee ed atlantiche. Ebbene, nell’ambito delle ambizioni quirinalizie attribuitegli da Verderami, spunta il dettaglio di una telefonata complimentosa a Giorgia Meloni in relazione a non precisate (dal giornalista) dichiarazioni, e che lei stessa avrebbe rivelato in una riunione di partito.
Oggi, con una lettera al direttore del Corriere, Monti conferma e chiarisce di averla chiamata il 15 gennaio scorso per dirle di essersi trovato d’accordo sul passaggio di un’intervista di due sere prima a “Non è l’arena”. Qui la presidente di Fratelli d’Italia aveva sostenuto la necessità che in politica estera l’Unione Europea fosse messa in grado dagli Stati membri di esprimersi con una voce unica.
Nella lettera Monti scrive di aver ricordato alla Meloni «i due campi in cui già avviene quello che entrambi auspichiamo per la politica estera: la politica della concorrenza e la politica monetaria. In essi l’Europa è già “sovrana”» e che «ciascuno Stato sarebbe inefficace se in quei campi tentasse di esercitare da sé una sovranità che non si concilia più con la dimensione nazionale», chiudendo così: «Giorgia Meloni e io osservammo che, quando si discute nel concreto, posizioni che sembrano lontane anni luce nei dibattiti di principio possono anche trovare spiragli di convergenza». Fantastico!
C’è un “però”. Nel confermare la telefonata, Monti scrive di essersi trovato d’accordo con la Meloni «per la prima volta». È una notizia o uno scivolone dettato dall’imbarazzo dell’indiscrezione giornalistica che disturba il ‘gioco delle parti’ atlantico con certo sedicente “sovranismo”?
Eh sì, perché la Meloni da tempo e in diverse circostanze chiede che «l’Europa» parli con una voce sola, non solo sulla politica estera ma anche sull’immigrazione, sulla sanità. Sulla moneta e sugli strumenti finanziari, ospite dell’Annunziata a “In mezz’ora su Raitre” (20 ottobre scorso), in epoca di pre CV-19 quindi, la Meloni, dopo aver lei posto una bizzarra premessa («dire che l’euro è un dio non ci aiuta a risolvere il problema, dire che l’euro è una moneta ci aiuta a trovare dei meccanismi di compensazione») reiterava una delle perle alter-europeiste da federalismo europeo spinelliano. Stante le penalizzazioni tra Paesi della UE, poneva la questione che «forse la BCE e l’Unione europea devono trovare meccanismi di compensazione per aiutare le nazioni che sono state penalizzate». E dava suggerimenti: «Per esempio eurobond per finanziare le infrastrutture nei Paesi penalizzati, tipo l’Italia». Tradotto, auspicava una comune politica europea del bilancio e del credito. Per non parlare delle sue ripetute posizioni in favore del liberistico «pareggio di bilancio» ogni volta replicando il mantra dell’«abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità» ed amenità neoliberali euro-atlantiche a seguire.
Ora, possibile che Monti non si trovi d’accordo con lei anche su queste cose?
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