Siamo al gioco dei bussolotti!
Le istituzioni europee varano un piano di “aiuti” da 1.000 miliardi. Viene definito dai suoi corifei “incredibile”. Grande Europa! Trattasi di una somma con varie voci, in parte prestiti con interessi, in parte non chiara riferita o meno al MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) e alle sue condizionalità, in parte (Recovery Fund) non chiara né nelle sue caratteristiche né nell’entità. Una somma non destinata alla sola Italia, peraltro, ma ripartita tra Paesi. Proiettata inoltre in un futuro che si dice breve, ma non immediato. Al di là delle indeterminatezze e della tempistica lenta, nonostante la gravità della crisi su Paesi a diverso livello già in crisi per le politiche europee, l’ultima parola spetta al Consiglio Europeo del 23 aprile. In assenza di disaccordi ed ulteriori rinvii, e alla luce degli oneri finora messi molto in ombra, le stime per l’Italia nella migliore delle ipotesi si attestano su un –UN– centinaio di miliardi. Definirle gravemente insufficienti è eufemistico. Con la caduta del PIL, la restituzione dei prestiti ed il pagamento degli interessi di tutto o parte (questo ancora non è chiaro), il parametro cardine europeo del rapporto debito/PIL porterà l’Italia dal 2021 ad un declassamento forte sui “mercati” della sua solvibilità finanziaria oltre che della sua stessa tenuta economica. Misure imponenti di rientro, già lo si dice a livello di istituzioni europee, l’Italia sarà chiamata a vararle non tra anni, ma nei prossimi mesi.
Ci si può consolare, in questa gabbia euro-atlantica, con la “potenza di fuoco” evocata dal duo di governo Conte-Gualtieri? Ahinoi no!
Tra le misure evocate nel “bazooka” tra Fondo “rafforzato” di garanzia per le Pmi e Sace (SpA del gruppo italiano Cassa Depositi e Prestiti, specializzata nel settore assicurativo-finanziario) la copertura della garanzia dello Stato oscillerà tra il 70% e il 90% dei prestiti secondo le richieste degli importi e le dimensioni dell’impresa. La differenza la garantirà l’imprenditore. Un ammontare di 400 miliardi da sommare ai 350 già previsti, si è detto. Una “potenza di fuoco”, appunto, è stata la roboante espressione evocata. Anche qui siamo al gioco dei bussolotti, un’operazione-immagine in cui il “bazooka” se non è destinato a sparare a salve, qualche colpo a singhiozzo lo potrà anche lanciare. In sostanza si dice che le banche, prestando denaro alle imprese, avrebbero una garanzia dello Stato. Nelle condizioni di prospettiva dei conti pubblici questa garanzia è tutt’altro che scontata, quanto a dimensioni previste, già nelle condizioni di bilancio attuali, figuriamoci in quelle che verranno e, nel caso, al prezzo di ben più che lacrime e sangue.
In secondo luogo si confida che le piccole e medie imprese, le partire IVA (diversi milioni), con mancati fatturati e scadenze fiscali non annullate ma rinviate, decidano di contrarre prestiti che andranno restituiti al massimo in 6 anni, quantunque con bassi tassi d’interesse. Quante li richiederanno con i mancati introiti, gli oneri aggiuntivi dei prestiti contratti e il prevedibile crollo della domanda?
In terzo luogo, quali banche, già così propense a finanziare investimenti speculativi e molto meno quelli d’impresa, dovrebbero ora accarezzare questa prospettiva, per giunta con un rischio d’insolvenza che va dal 10% al 30% del prestato e con la non così scontata copertura effettiva della garanzia dello Stato, stante la prospettiva dei suoi bilanci prossimi venturi?
Per i lavoratori, gli esercizi commerciali, le partite IVA, il mondo della piccola-media impresa, ecc., travolti dalla crisi, sarebbe insensato pensare ad un’erogazione a fondo perduto di moneta creata dal nulla per sostenere redditi e coprire fatturati non maturati, annullando le tasse quantomeno nel periodo interessato dalla crisi? Siamo ad un livello il minimo del minimo per uno Stato degno di questo nome. Ops!, che sbadati, ma siamo in Europa, in questo grande incredibile sogno euro-unionistico, e certe evocazioni, certe prospettive –così vien detto– suonano strano, suonano arcaico, suonano anti-storico. Certe cose possono accadere in uno Stato sovrano, indipendente –cioè non dipendente da vincoli finanziari e dagli interessi dei “mercati”, ad es.– tanto più se connotato anche solo di una vaga impronta di socialismo.
Per “Indipendenza” bisogna tornare a viverla strana, arcaica, anti-storica. Insomma, sovranità, indipendenza, liberazione nazionale verso il socialismo!
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