Collasso finanziario da coronavirus: è l’Unione Europea!

UE: niente prestiti senza condizioni! È la risposta di Germania, Austria, Olanda, Finlandia al Consiglio Europeo riunito ieri in video-conferenza, alla richiesta di nove Paesi dell’Unione Europea (UE), Italia in testa, di prestiti senza condizionalità per fronteggiare la crisi economica e sociale avvitatasi in spirale dalla pandemia in atto.
Con buona pace di tanta retorica sull’Europa ‘fraterna e solidale’, ancora una volta, particolarmente nel momento del bisogno, i nodi vengono al pettine. Nemmeno gli effetti di una recessione che si annuncia (particolarmente) in Italia pesantissima già in questo primo semestre, ha smosso gli appetiti predatori-affaristici incardinati nelle istituzioni esecutive-finanziarie europee. Bruxelles e Francoforte sono pronte a ridurre l’Italia come la Grecia.
Non inganni il palliativo della sospensione del Patto di Stabilità, dell’allentamento temporaneo delle regole sugli aiuti di Stato con la concessione al governo italiano di 25 miliardi da erogare (il “Cura Italia”). A parte che la Germania ha incrementato poche ore fa, al Bundestag, gli aiuti di Stato per altri 156 miliardi e la Francia attualmente è ad oltre 200, resta che quei 25 miliardi, anche se non peseranno sul deficit (il Patto è sospeso e queste spese verranno scorporate), andranno però ad ingrossare il debito.
Una posizione di chiusura che ha obbligato il presidente del consiglio (l’europeista e atlantista) “Giuseppi” Conte a rifiutare (“Se qualcuno dovesse pensare a meccanismi di protezione personalizzati elaborati in passato allora voglio dirlo chiaro: non disturbatevi, ve lo potete tenere, perché l’Italia non ne ha bisogno”). Sempre secondo fonti di Palazzo Chigi raccolte dall’ANSA, nel corso del Consiglio Europeo Conte ha dato dieci giorni all’Europa “per battere un colpo e trovare una soluzione adeguata alla grave emergenza che tutti i Paesi stanno vivendo”. Altrimenti –ha aggiunto– l’Italia procederà da sola. Dieci giorni! Un tempo che nelle condizioni date è già lungo per l’Italia. Culla forse l’aspettativa di un’intesa? Che però, stante il responso che il Consiglio Europeo prevede di dare tra due settimane, allungando i tempi, acuendo la crisi italiana e indebolendo il già debole ‘potere’ negoziale (se l’intenzione c’è…) del governo Conte, potrebbe riproporre lo scenario di oggi. La stessa cancelliera tedesca, Angela Merkel, al termine del vertice, ha ribadito il riferimento al “MES come strumento” e alla condizionalità del prestito come punto fermo.
In altri termini tra due settimane l’Italia, in sofferenza sociale maggiore, saprà quale grado di durezza le verrà imposto, per ottenere qualcosa nell’immediato che la farà comunque peggiorare subito dopo, con il conto ancor più salato da pagare dopo l’emergenza sanitaria.
Ieri il liberista Mario Draghi, in un lungo editoriale sul Financial Times, ha paventato che la “recessione si trasformi in una prolungata depressione resa ancora peggiore da una pletora di default che lasciano danni irreversibili”. Ha quindi perorato un “significativo aumento del debito pubblico” anche se comportante un “alto e inevitabile costo economico”. Attenzione: un “alto e inevitabile costo economico”. Tradotto: dopo le flebo e l’aumento spaventoso del debito, seguiranno misure durissime di rientro, andando a colpire come al solito, privatizzando, quel che resta degli ‘asset’ pubblici, della sanità, della previdenza, dei servizi, ed i patrimoni dei cittadini con inevitabile ulteriore aumento delle tasse. Ricorre ad analogie significativamente forti il liberista atlantico Draghi. Aprire una parentesi interventista pubblica dello Stato nazionale come se si fosse in guerra! Tutte le “guerre sono state finanziate da aumenti del debito pubblico. Durante la prima guerra mondiale in Italia e in Germania fra il 6 e il 15% delle spese di guerra in termini reali sono state finanziate con le tasse”. Quindi lusinga UE e BCE (“L’Europa è ben equipaggiata” per affrontare questo “shock straordinario. Ha una struttura finanziaria capace di far confluire fondi in ogni parte dell’economia … in grado di coordinare una risposta rapida”) in realtà sapendo che il rigorismo della Germania e dei Paesi satelliti non è disposto a consentire nessuna erogazione in assenza di condizionalità, necessariamente forti condizionalità che l’ammontare dei prestiti richiederebbe.
Draghi, figura mal vista a Berlino già quando era presidente della Banca Centrale Europea perché vicino a Washington, ripropone, senza evocarla esplicitamente, la prospettiva federalista atlantica di una europeizzazione della Germania, notoriamente indisponibile a negoziare il livello economico di predominio che esercita nella UE. Adesso invita ad “un’uguale velocità nel dispiegare i bilanci dei governi, mobilitare le banche e, come europei, sostenerci uno con l’altro in quella che è evidentemente una causa comune”. Rilancia insomma a Berlino la richiesta USA di socializzare il debito in Europa profittando di questa crisi pandemica che ha già innescato un disastro economico-sociale soprattutto nei Paesi meridionali dell’Unione prostrati da decenni di macelleria sociale ‘made in UE-BCE-FMI’.
Draghi è l’uomo della banca d’affari USA Goldman Sachs, l’uomo della Troika che, insieme a Trichet (governatore francese uscente della BCE e lui, Draghi, in pectore alla successione), firmò la letterina estiva nell’agosto 2011 che smantellava in modo ancor più deciso (legge Fornero, tagli anche alla sanità, abolizione dell’art. 18, ecc.) quel che restava del modello di compromesso sociale in Italia. Da governatore della BCE si erse, impietoso, a bloccare i bancomat in Grecia per piegare ai propri voleri il governo di Tsipras quale premessa dell’ulteriore macelleria sociale che poi fu dispiegata (colpire uno –la Grecia– per intimidire altri particolari Paesi della UE).
Ebbene oggi Draghi si presenta come il salvatore della Patria, probabile successore di Conte, forte di un consenso trasversale dal PD alla Lega passando per le altre destre che alcuni mesi fa lo avevano già indicato ora come presidente della Repubblica, ora come presidente del Consiglio.
Sorprendente? No! È entrato nel vivo lo scontro tra Germania e USA, due poli capitalistici e geopolitici in feroce concorrenza, speculando –anche– sulle critiche condizioni in cui versa l’Italia (prescelto e decisivo campo di battaglia) e sugli scenari catastrofici che si prefigurano.
Una sfida che, quale che sia il polo (carolingio o atlantico) a prevalere, esclude qualsiasi affrancamento nazionale e sociale dell’Italia. Dall’assunzione di questo dato di fatto una conseguente lotta politica e socialista di indipendenza e di liberazione patriottica non può prescindere.

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