Per la rilevanza del punto, riporto il commento sollecitatomi da Lidia Riboli ad un suo scritto che, per completezza in/formativa, troverete a seguire.
Concordo sull’analisi. Evidenzierei solo un passaggio, sempre per l’imperativo categorico di prestare attenzione all’azione, alla pratica politica. Questo passaggio, da relazionare infatti con l’azione, è fondato e proprio per questo sconcertante. Scrivi: “Quello che peraltro più trovo sconfortante è il silenzio assordante dei gruppi e delle associazioni sovraniste di fronte a una situazione del genere”.
In parte c’è il “silenzio” che dici ma, al riguardo, trovo spesso commenti o analisi grottesche di gruppi/associazioni/’partiti’ sovranisti: ci si attarda su questioni (nella migliore delle ipotesi) secondarie della pandemia (discussione sui criteri di valutazione del contagio, sulla conta dei morti –colpa o no del Covid 19?–, se è condivisibile o meno la drammaticità di gestione del governo e della grancassa informativa, fantasmagorici disegni occulti, approcci minimalisti e guasconi, e altre amenità) ma non si focalizza l’attenzione –e se lo si fa, fiaccamente– sul pandemonio politico, economico, sociale da questa pandemia scatenato. Un pandemonio che rimanda alla ‘architettura’ neoliberale euro-unionista che palesa tutta la sua inadeguatezza e nocività rispetto a cui, per ragioni di auto-sopravvivenza, ora le istituzioni europee cercano di mettere riparo con misure parziali e provvisorie, al netto del ‘conto’ e dei mutamenti di struttura che sarà presentato ‘dopo’ ad emergenza sanitaria terminata. Sempre che, beninteso, gli eventi non pongano un ben diverso scenario. Ebbene, rispetto a tutto questo, c’è chi (soggetto politico collettivo ‘sovranista’) scrive paventando oggi una radicalizzazione anti-UE proiettando in un futuro lontano, con arzigogolati e poco chiari motivi, lo scioglimento di questo ‘nodo gordiano’.
Eppure questa situazione di pandemonio politico, economico, sociale offre argomentazioni in quantità industriali per palesare con più forza ‘adesso’ –e anche ‘dopo’– le cause a monte che la pandemia da Covid-19 ha palesato e che altre ‘calamità’ future (sanitarie, ambientali, sociali…) paleserebbero domani: 1. fallimento del regionalismo differenziato (‘derivato’ UE); 2. fallimento dell’ideologia neoliberale austeritaria, privatizzatrice e anti-sociale (anche) in campo sanitario (chiusura degli ospedali, riduzione di medici e infermieri, riduzione continua degli investimenti, assenza di un sistema industriale pubblico di produzione di apparecchiature e di materiale sanitario); 3. tutt’altro che “dulcis in fundo”, anzi causa a monte dello sfacelo cui assistiamo da molti decenni con conseguenze sempre più pesanti, fallimento dell’impianto del combinato UE-euro che veicola l’ideologia neoliberale di cui sopra.
Questa gabbia, pensata e via via edificata dagli USA sul continente europeo dal secondo dopoguerra, è arrivata all’oggi, in Italia, con la connivenza subalterna delle classi sub-dirigenti (all’euro-atlantismo) di centro, di centrosinistra e di centrodestra. La UE è infatti figlia della CEE-MEC (1957) di cui peraltro certe realtà “sovraniste” magnificano lo ‘zuccherino’ (geopolitico e di classe) del “miracolo economico” senza analizzarne sostanza e dinamiche innescate, ma limitandosi ad enfatizzare gli indicatori da impianto (economicistico) capitalistico.
Quale ‘linea politica’ d’indirizzo, quindi? Rovesciare questa calamità sanitaria in un’opportunità politica per rompere le catene della gabbia euro-unionista e rivendicare un’altra prospettiva di società! Anche perché, ‘dall’altra parte’, c’è chi sta pensando e lavorando con analogo intento, ma sempre per ben opposte e inquietanti prospettive.
Lidia Riboli:
Sono sconfortata. In questo momento l’UE è visibilmente alle corde. È inutile che la BCE sfoderi quello che viene chiamato impropriamente il bazooka, promettendo di mantenere non si sa fino a quando il QE, perché è uno strumento ormai decotto e del tutto inadeguato, al di là della possibilità che venga utilizzato per ridurre in parte i tassi d’interesse sui Titoli di Stato, che è una ben piccola cosa di fronte alla gravità della situazione attuale. Per rimettere in moto l’economia reale dopo questo blocco di cui si ignora quale sarà la durata occorre ben altro! Serve la politica fiscale (intesa come spesa) degli Stati nazionali e la possibilità di adeguarla alle diverse esigenze, quindi è necessario rimuovere tutti i vincoli finanziari e le norme giuridiche su cui si basa l’UE. Questa emergenza ci deve far capire e indurre a spiegare a chi comincia a tentennare ma non ha le idee ancora del tutto chiare, quanto l’UE ci stia distruggendo. La lezione da apprendere è che non si sarebbero dovuti fare tagli alla sanità per ottemperare alle richieste dell’UE, né svolgere gare europee per ogni spesa ed evitare di sussidiare attività in crisi e/o d’importanza strategica in quanto secondo le norme europee è vietato dare aiuti di stato, porre limiti alle importazioni, alle delocalizzazioni e alle acquisizioni delle nostre imprese. Ora, avendo obbedito all’UE (e non era possibile fare altro, dall’interno) ci siamo trovati ad essere fragilissimi sia dal punto di vista economico-finanziario che socio-sanitario. Già da tempo si diceva che l’UE difficilmente avrebbe potuto resistere a un altro choc dopo quello del 2008, non avendo cambiato le proprie regole se non in peggio (col Fiscal Compact, il MES e altri strumenti del pari nefasti), ma questa crisi è ancora peggio! Di fronte a un’economia reale fragile per i colpi subiti dall’impalcatura politico-finanziaria piena di vincoli di natura economica e giuridica dell’UE, un’emergenza sanitaria blocca l’economia e si propaga a tutti i Paesi, mettendo in crisi tutte le regole su cui si basa l’UE, che impediscono ai Paesi membri di fronteggiare l’emergenza evitando di autodistruggersi. Inoltre quest’emergenza ci insegna quanto sbagliata sia stata la riforma del Titolo V della Costituzione, con l’autonomia degli enti regionali e la possibilità di emanare leggi in sostituzione di quelle statali in materie fondamentali e, ancor più, quanto sia necessario cancellare ogni ipotesi di concedere ancor più autonomia, addirittura “differenziata” sulla base di contrattazioni tra ogni Regione e lo Stato centrale. Ora le “ricche” Regioni del Nord, fieramente autonomiste, forse stanno scoprendo di aver bisogno anche dell’aiuto di quelle del Sud e soprattutto dello Stato centrale. E come pensiamo di poter uscire dal devastante blocco dell’economia che stiamo attuando? Forse con la flessibilità temporaneamente permessa dall’UE? È evidente che si tratta di cifre insignificanti e assolutamente ridicole di fronte alla crisi attuale. Il PIL prevedibilmente subirà un tracollo dell’ordine di due cifre e di centinaia di miliardi, perciò il rapporto deficit già senza fare nulla diventerebbe anch’esso di due cifre! Per prendere le misure che via via saranno necessarie mi sembra evidente che salterebbero tutti i parametri. Qualcuno pensa che la situazione, nella sua drammaticità, potrebbe almeno favorire un cambiamento dell’UE, poiché dimostrerebbe l’inadeguatezza dei suoi strumenti ,
Ma come dovrebbe cambiare l’UE? Non si può pensare che la CE rinunci completamente a dettar legge, che saltino tutti i parametri stabiliti e ribaditi in ogni Trattato da Maastricht in poi, perché è questo che servirebbe. Né che la BCE rinneghi se stessa e il compito per cui è stata creata, del tutto organico e funzionale all’architettura istituzionale nata a Maastricht. Eppure il governo ha detto chiaramente che i 25 miliardi sono il massimo della flessibilità che la UE può concederci. Inoltre non è pensabile che saltino tutte le regole, come sarebbe necessario, messe a protezione della libera circolazione di merci e capitali (mentre pare che l’UE possa bloccare solo quella delle persone, in casi gravissimi, di comprovata emergenza sanitaria o di terrorismo). E’ necessario riconoscere che l’UE ha le armi spuntate ancor più in occasioni di crisi di questo genere, in cui vengono al pettine tutte le questioni che non è in grado di risolvere, ma solo di aggravare. Del resto perfino diversi giornalisti, commentatori televisivi e alcuni politici che si sono sempre dichiarati europeisti, pongono in evidenza i limiti e finanche la nocività della costruzione europea, asserendo la necessità di riscoprire politiche nazionali senza dover chiedere il permesso all’UE per ogni cosa, perdendo inutilmente tempo prezioso e dovendo poi adeguarsi ai prevedibili dinieghi che giungerebbero.
Quello che peraltro più trovo sconfortante è il silenzio assordante dei gruppi e delle associazioni sovraniste di fronte a una situazione del genere. Questo sarebbe invece proprio il momento (mutatis mutandis) di scrivere le “tesi di aprile” e di partire. Beninteso, non si tratta di fare una rivoluzione sanguinosa, né di instaurare una dittatura. Si tratta solo di prendere atto che la situazione è drammatica e che se restiamo nell’UE non potrà che divenirlo ulteriormente, con conseguenze imprevedibili. Occorre esserne consapevoli e diffondere la consapevolezza al popolo con ogni mezzo. Ora non si può scendere in piazza, ma occorre prepararsi, predisponendo il materiale da diffondere e intanto cercare di farlo in rete e provare a entrare nei mass media (cosa certamente difficile). Quello che mi sconcerta è il fatto che, al contrario, i sovranisti, singoli o associati, sembrano non rendersene conto o voler negare che è un momento di svolta che è necessario cogliere. E allora al massimo continuano a ripetere sempre le stesse cose, per esempio evocando ricette la moneta fiscale declinata in vari nomi (che, anche ammesso e NON concesso fosse accettata dall’UE, presupporrebbe una situazione di crescita del tutto diversa dall’attuale), di una Banca Pubblica, che servirebbe a fare credito agevolato alle imprese (anche questo andrebbe contro le regole UE, ma soprattutto non è quello che servirebbe nel momento attuale) ecc. Insomma, si parla sempre di favorire il credito e cioè l’indebitamento privato, che in fondo è quello che dice di voler fare anche la BCE col QE o il LTRO, dei prestiti ai privati ancor più favorevoli, quando i tassi, in tutta la nostra storia non sono mai stati così bassi! L’UE vuole spingere i privati a indebitarsi (già i debiti privati sono in tutti i Paesi molto più alti del debito pubblico), mentre manifesta un’estrema preoccupazione per il debito pubblico! Invece dovrebbe essere l’esatto contrario, il debito pubblico non è altra che spesa pubblica, immissione di denaro creato dallo Stato per tutte le necessità economiche e sociali, senza la necessità di tassare per compensare le uscite con le entrate. È questo che va spiegato al popolo, che già sta vedendo che non esiste alcuna solidarietà nell’UE ma solo prevaricazione da parte dei poteri forti economico-finanziari e di alcuni Stati sugli altri, mentre si vede che è più possibile collaborare con altri Stati sovrani. Non si può immaginare, contando che la crisi sanitaria sia di breve durata, che una volta passata, tutto tornerà come prima e cioè che le istituzioni europee continueranno a bollirci a fuoco lento (facendo il paragone della rana bollita). Ormai il fuoco sta divampando e si tratta di scegliere se uscire dalla pentola o finire di essere del tutto arrostiti.
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