Covid-19, pandemia euro-unionista e MES: Italia sotto attacco

Nel linguaggio algido e tecnico da burocrate d’alto bordo della finanza, le parole due giorni fa della francese Christine Lagarde (“Non siamo qui per ridurre gli spread”), presidente della Banca Centrale Europea (BCE), hanno sortito l’effetto di mandare le borse in picchiata e di impennare lo spread. Ventiquattro ore dopo è giunta la marcia indietro della stessa Lagarde, con la presidente della Commissione Europea (CE), la tedesca von der Leyen, che a quel punto e non ‘prima’ ha rilasciato una dichiarazione ‘conciliante’, sostenendo che, ai fini del computo del deficit per valutare il rispetto del patto di stabilità, le misure che il governo italiano intendesse prendere per affrontare la pandemia, sostenere imprese, posti di lavoro, salari dei lavoratori colpiti, “possono essere considerate come spese una tantum” (per la cronaca le proposte d’accompagno della BCE ruotano in sostanza attorno all’ampliamento del ‘quantitative easing’ e ai finanziamenti agevolati per le banche suppostamente finalizzati per finanziare l’economia reale).
Bellissime le reazioni, in generale, degli italoparlanti cantori della fratellanza e solidarietà ‘made in UE’ e delle sorti magnifiche e progressive di quest’ultima. Solo un paio di esempi: Fabio Tamburini, direttore del Sole24Ore, ha evocato di fatto l’uscita dall’UE dichiarando che “se l’Europa continua a tentennare segna la sua fine, ed è giusto che l’Italia vada per conto suo. [..] I soldi per salvare le banche sono stati trovati, ora vanno trovati per salvare l’economica reale”. Poi l’irritazione (che “L’Europa solidarizzi e non ostacoli l’Italia”) addirittura del principale garante italofono dei vincoli imposti dal combinato UE-euro, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con “Giuseppi” Conte in scia.
Comunque, perché quella prima dichiarazione improvvida della Lagarde che sprovveduta non è, essendo stata più volte ministra francese, poi direttrice del Fondo Monetario Internazionale e ora presidente della BCE? Essendo lei molto vicina a Macron e referente soprattutto degli interessi della Francia (il direttorio franco-tedesco si è spartito la presidenza rispettivamente della BCE e della CE) è possibile che si sia voluto mandare un messaggio intimidatorio in vista del dopo Covid-19 (coronavirus)? Ipotesi si possono formulare, ma non è questo adesso l’importante.
Quanto è accaduto sui mercati due giorni fa non rientra nell’inatteso e tornerà. Da tempo viene prospettato l’arrivo di una crisi devastante, un impasto esplosivo di bolle finanziarie speculative e di recessioni particolarmente nell’Unione Europea, ben più disastrosa di quella del 2008, di cui però si ignora il ‘quando’, il ‘dove’, la ragione d’innesco e soprattutto a chi andrebbe l’intestazione della responsabilità. Del resto la situazione era già critica, ben prima dell’arrivo del coronavirus, con il rallentamento economico generale particolarmente sul continente europeo, a colpire anche Germania e Francia.
La “pandemia” è giunta come una manna insperata nelle alte sfere policentriche del sistema di dominio capitalistico in questa parte di mondo.
Ora, in scia delle sue conseguenze economico-sociali, diversi stormi di avvoltoi stanno già volteggiando. Le (prime) parole della Lagarde sono solo l’anticipazione di quel che sarà. L’Italia dovrà –dopo la fase “una tantum” tutta ancora da vedere– presentare conti e bilancio, e può pure sprofondare nella sua crisi economica resa sempre più critica dalla zelante, pluridecennale osservanza servile delle insensate politiche ‘comunitarie’ da parte delle classi sub-dirigenti di centrodestra e centrosinistra. L’Italia è tra i Paesi della UE che, fidelizzata dal secondo dopoguerra all’europeismo senza ‘se’ e senza ‘ma’, vede a rischio la sua stessa tenuta come Stato. Il disastro della regionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale (con annesse privatizzazioni, chiusura di ospedali ‘non produttivi’, tagli nei finanziamenti e nel numero di medici ed infermieri) è frutto dei vincoli di indirizzo e di bilancio imposti dall’asse UE-BCE con impianto da Fondo Monetario Internazionale. Più in generale, nonostante l’assunzione di tutte le direttive di matrice euro-unionista per esorcizzare politiche a deficit, indicatori economici e stato complessivo della società italiana sono costantemente peggiorati.
Ormai dentro una fossa, nella quale sempre più in basso la si vuole sprofondare, sino anche a comprometterne la sua stessa esistenza statuale, all’Italia si chiede di continuare a scavarsela. Sullo sfondo, sempre in nome della ‘fratellanza europea’, s’intende lucrare sulle opportunità offerte dall’aggravamento di congiuntura che la crisi pandemico-sanitaria sulla già disastrata situazione economica italiana: l’Eurogruppo, l’organismo UE che riunisce i ministri delle Finanze dei Paesi della zona euro, ha deciso un’interessata accelerazione anticipando di un mese, da aprile al 16 marzo, l’approvazione del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), il fondo sedicente salva-Stati ma, come da lezione greca, anche e soprattutto affossa-Stati. Al di là che la firma possa poi all’ultimo essere rinviata, resterebbe il tentativo di approfittare dello stato di emergenza per prendere a proprio vantaggio decisioni in un momento in cui le priorità sono di ben altra natura e, peraltro, solo di rinvio si tratterebbe. Gli Stati membri sono chiamati a versare quote significative (125 miliardi per l’Italia) che, oltre ad acuire l’indebitamento, verrebbero erogati con il pagamento degli interessi; per quegli Stati in condizioni economiche e di bilancio difficili o critiche, come l’Italia, la richiesta di accesso ad un prestito sarebbe vincolata a stringenti condizionalità, cioè misure preventive cogenti.
È possibile che l’apparente condiscendenza ad una maggiore –e congiunturale– flessibilità di bilancio allo sforamento del deficit, per aiuti ad imprese e famiglie colpite dal coronavirus, sia barattata con i soci più forti dell’Eurogruppo, Germania in testa, con la ratifica del MES riformato? Un MES che, versione attuale o versione riformata che sia, va rifiutato senza ‘se’ e senza ‘ma’ e fatto conoscere, nel Paese, per essere un tassello ulteriore produttivo di ulteriore sudditanza nazionale e di ulteriore spoliazione sociale.

Unione Europea: una razionalità strategica geopolitica delle crisi

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