L’ex primo ministro Giuseppe Conte al G7 di Biarritz (24-26 agosto) ha parlato come da riconfermato primo ministro. Dai suoi stessi resoconti è forte l’impressione –diciamo così– che il suo ultimo discorso in Senato abbia anticipato la fuffa ‘politicamente corretta’ da G7 e che nella cittadina basca (Miarritze è il nome basco di Biarritz) abbia continuato a propagandare la sua immagine di accreditamento nei circuiti e tra i poteri internazionali che contano. Il che avrà ispirato ancor più fiducia in Italia (per le sue indubbie capacità, quando vuole, di mediazione e di accomodamento) presso i referenti politici ed istituzionali di quei circuiti e di quei poteri che di un mediatore capace dei contrastanti interessi affaristici interni ed esterni alla nostra nazione sono alla disperata ricerca. Inoltre, aspetto non sottovalutabile, Conte si è saputo presentare sui massmedia risultando simpatico, equilibrato, ‘a modo’ in settori anche disagiati della società italiana. Non guasta insomma che si sia apprezzati da chi sarà mazziato ulteriormente dalle politiche euro-atlantiche.
Temi già evocati, dicevamo, quelli del G7 e di Conte al G7, e qualcuno (che non sfuggirà scorrendoli) omesso nel suo discorso in Senato perché poco spendibile esteticamente (a fronte di un’Italia prostrata economicamente e socialmente), aggiunto invece nella cittadina basca: “green economy”, clima, energie rinnovabili, partenariato con l’Africa, contrasto alle diseguaglianze, trasformazione digitale, investimenti. Ha annunciato “la partecipazione dell’Italia a ben cinque coalizioni su importanti questioni ambientali, quali la riduzione delle emissioni, del consumo di plastica e di carburanti”. Ha promesso che l’Italia “aumenterà del 15% il contributo al Fondo per lotta ad Aids, Tbc e Malaria”. Dal punto di vista economico “dobbiamo” –ha usato il “noi” l’accattivante Conte– “incentivare tutti i governi a rielaborare i piani industriali in modo da indirizzare i rispettivi sistemi produttivi verso direzioni eco-sostenibili, sul presupposto che sostenendo costi economici nel complesso contenuti, le imprese saranno ben più competitive soprattutto nel medio-lungo termine”. Lo ha detto e lo ha scritto così, con assoluta disinvoltura. “Sul piano finanziario, dobbiamo coordinare e rendere ancora più efficienti i molteplici strumenti di finanziamento già esistenti”. Ohibò! “Efficienti” in che senso? Avrà forse pensato alla “efficiente” riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes)? Nell’edizione odierna de “il Fatto quotidiano”, così leggiamo a p. 5: “Conte –insieme a Giovanni Tria– è stato il garante di una linea (quasi) rigorista sui conti pubblici e decisamente autolesionista sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) cara al duo Macron-Merkel, che l’Italia non sta bloccando nonostante lo imponga al governo un voto del Parlamento e dei contenuti palesemente provocatori (lì dentro ci siamo [probabilmente un refuso: “ci sono”, ndr] 60 miliardi italiani, ma se dovessimo aver bisogno di aiuto non potremmo in futuro accedere a quei fondi, se non con pesanti “condizionalità”). Sono benemerenze che l’establishment UE tende a remunerare con la giusta dose di gratitudine”.
Ah, beninteso! Non è che non ci siano, tra quelli evocati sopra, diversi punti con una loro ‘dignità’. Ma in ben altri contesti, con ben diverse declinazioni. Cosa c’è da aspettarsi da un consesso, il G7, ovvero dal vertice dei ministri dell’economia dei sette Stati che ne fanno parte e che si ritengono (ogni commento è omesso al riguardo) le maggiori potenze economiche (Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito, USA e Canada), di cui tutte o quasi hanno spiccate responsabilità su ognuna delle criticità evidenziate e che, sugli ambiziosi punti propositivi, si candidano ad aggravare quelle esistenti e a produrne di ulteriori?
Attenti a quei due (Conte e Salvini)!
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