Eccolo qua, il nuovo simbolo del Partito Democratico (PD) per le elezioni europee di maggio.
A presentarlo due figure che ben simboleggiano la continuità dell’impianto liberista e +europeista del PD: da un lato il nuovo segretario del partito, Nicola Zingaretti, dall’altro, Carlo Calenda, viceministro dello “sviluppo economico” sotto il governo Letta, poi ministro allo stesso dicastero nei governi Renzi e Gentiloni.
Il primo incensato da certa stampa anche internazionale per il suo “sorriso” stante che la sua affidabilità neoliberale l’ha ben mostrata da presidente della regione Lazio adempiendo scrupolosamente alle direttive europee “del consolidamento finanziario, della riduzione strutturale del disavanzo di amministrazione e del conseguimento dell’equilibrio di bilancio nella gestione sanitaria regionale”, in concreto tagli, chiusura e privatizzazione di centri sanitari e ospedalieri in linea peraltro con l’azione della precedente giunta Polverini, di centrodestra. Insomma, un buon curriculum per la Troika UE-BCE-FMI.
Il secondo, da circa un anno con il suo “Manifesto liberale”, si pone come il salvatore del liberismo e si proclama fautore di +Europa, di “un liberalismo pragmatico” attento a che “l’ideologia del mercato” non prevalga sulle “regole”. È questo il concetto fondamentale del “liberalismo calendiano”: “il mercato non è il Far West, ma un’istituzione fatta di regole, non di concorrenza sfrenata e selvaggia”. Ineffabile Calenda!
Stante questi suoi assunti, si sarà fatto fautore di una battaglia in tal senso all’interno della sua Unione Europea? Ovviamente no: imbonitore sì, ma scemo no. Il suo cavallo di battaglia è la “vittoria”, condotta nell’ambito dell’Unione Europea, contro “il riconoscimento alla Cina dello status di economia di mercato”. Un altro ‘affidabile’, quindi!
Infine, nel nuovo simbolo del PD per le europee si nota la presenza del PSI –in questi giorni a congresso– dell’uscente, come presidente, Riccardo Nencini. Il partito versa in condizioni drammatiche. Alle scorse elezioni di marzo ottenne lo 0,6% in alleanza con Verdi e ulivisti.
Forse quell’inserimento intende lasciare aperta la porta alla possibilità che concorrano alla lista altre forze del sottobosco europeista. A noi piace sperare che sia un segnale del tracollo che auguriamo loro.
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