Si va delineando un quadro di grande interesse attorno alla questione ‘referendum Atac’ sul piano dei risvolti politici:
1) Il Partito Democratico, ormai platealmente la sponda politica del blocco di potere liberista ed euroatlantico, si esprime per il SI in coerenza con le linee d’indirizzo perseguite a livello nazionale, perfezionando quel percorso di mutazione antropologica per traghettare un elettorato non solo ‘di sinistra’, ma addirittura comunista e orientato quindi a un orizzonte di superamento del capitalismo, verso posizioni degne dell’ultradestra liberal, rompendo perfino con le pur moderate posizioni della CGIL, da sempre sua cinghia di trasmissione sindacale;
2) I Radicali puntano a incassare il dividendo politico/mediatico della campagna elettorale lanciando, per ora in sordina, la candidatura dell’uomo simbolo del fronte del SI, Riccardo Magi, a sindaco di Roma. Inutile sottolineare che gli appetiti dei soggetti interessati alle privatizzazioni si indirizzino sui ben più interessanti bocconi di AMA, Acea e patrimonio comunale, rispetto ai quali lo ‘sfascio Atac’ è solo un pretesto.
Che dire, se non che oggi più di ieri è necessario lavorare meticolosamente e senza tentennamenti per una più ampia e netta affermazione del NO: per il merito dei quesiti e per le ragioni che abbiamo esposto, ma anche per impedire alle forze del SI di incassare il correlato dividendo in termini di consenso e approvazione popolare.
I poli sono chiari e altrettanto lo sono gli interessi in campo.
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