« “Nazione” e “patria” appartengono alla categoria delle non poche contraddizioni culturali di fondo irrisolte che hanno reso divisa, incerta, inconcludente e –alla prova dei fatti– perdente l’intera sinistra italiana, sebbene essa –all’indomani dell’insurrezione del 25 aprile– avesse dimostrato di essere sostenuta dalle speranze di una larghissima base popolare, soprattutto operaia. Una base di massa che, se diretta diversamente, avrebbe potuto dimostrarsi decisiva sia per avviare una effettiva realizzazione del programma di profondo rinnovamento postulato dalla Costituzione nata dalla Resistenza antinazifascista, sia per consentire la riappropriazione di quell’indipendenza nazionale e della conseguente sovranità popolare, l’una e l’altra pesantemente offese e rese praticamente inesercitabili, nella loro indispensabile pienezza, dall’ormai semisecolare “presidio-occupazione” del nostro territorio nazionale operato dall’imperialismo yankee» (“Indipendenza”, n. 46, maggio 1992).
Non perdono di attualità queste parole del compianto Angiolo Gracci, già comandante partigiano della “Divisione Garibaldi d’assalto 22 bis Vittorio Sinigaglia” e responsabile di “La resistenza continua – per un’Italia indipendente, libera, socialista”.
Ad oltre 70 anni di distanza, la Resistenza si rivela essere sempre più una lotta di liberazione incompiuta.
Come si può definire “sovrano” e “liberato” uno Stato disseminato dal Veneto alla Sicilia di oltre 100 basi e installazioni di aviazione, marina, esercito & Co. statunitensi? Privato di una politica estera che non sia l’accodarsi alle guerre imperiali USA? Con una “politica economica” che altro non è che osservanza ai dettami neoliberisti imposti tramite l’Unione Europea (e la sua moneta) da Bruxelles, Francoforte, Washington? Come si può definire “sovrano” e “liberato” uno Stato smantellato nel tessuto industriale dopo anni di privatizzazioni / svendite eseguite sotto la remunerata supervisione delle grandi banche d’affari USA? Con governi contoterzisti conniventi con la Troika (FMI-BM-UE) nel recepire ed attuare direttive che da diversi decenni stanno determinando lo smantellamento dei diritti sociali fondamentali e del lavoro, nonché il progressivo immiserimento di strati sempre più ampi di popolazione e di realtà produttive (piccole-medie imprese, artigiani, ecc.)? Esautorato di sovranità valutaria, privato delle effettive e decisive leve del potere decisionale in campo economico e finanziario, costretto ad un indebitamento estero pensato e strutturato per essere insolvibile, come si può definire “sovrano” e “liberato” uno Stato soggiogato, a livello centrale e locale, anche dai sedicenti “mercati finanziari” pronti ad agitare lo spauracchio dell’insolvenza e della catastrofe se non ci si piega alle misure neoliberiste di cosiddetto “risanamento economico” o di rispetto dei socialmente depressivi “Patti di stabilità”?
Come definire “libera” una nazione dove il lavoro (se peraltro c’è…), invece di “nobilitare”, spesso rende schiavi, precari, con sempre meno diritti se non senza, e questo grazie a leggi ispirate al neoliberismo euroatlantico di Washington e Bruxelles? Come definire “libera” una nazione i cui beni comuni di intrinseca proprietà collettiva (res communes omnium, “cose comuni di tutti”, non privatizzabili, ma di usufrutto comune quindi) vengono messi a gara d’appalto a favore di privati, italofoni o esteri? Dove l’ambiente, invece di essere salvaguardato, viene lasciato agli appetiti insaziabili di parassitarie cricche industriali e finanziarie senza scrupoli? Dove chi esercita una qualsiasi attività economica è stritolato dal peso sempre più opprimente dell’iniquità fiscale e delle grandi lobby bancarie? Dove si finanziano operazioni militari all’estero e dispendiosi sistemi d’arma al servizio degli USA tagliando fondi che colpiscono (anche) quello che è un bene primario di ogni nazione, cioè il proprio sistema educativo, scolastico? Dove si scaricano sulla collettività i fallimenti delle speculazioni di banche d’affari e gruppi in stretta simbiosi, a diverso grado, con gli stessi apparati di governo?
E potremmo continuare…
È necessaria la riproposizione aggiornata di una lotta popolare ‘per’ la Liberazione (anche) di questo Paese. Ben più che festa e ricorrenza storica, il 25 aprile 1945 lo assumiamo nel suo lascito di vitale e durevole attualità: senza sovranità ed indipendenza nazionali non ci sarà mai un cambiamento degli assetti di società, una riconquista dei diritti ed una dignità del vivere sociale. Serve lavorare politicamente perché si allarghi e cresca la consapevolezza di questa necessità, assumendo la responsabilità dell’intervento e dell’impegno politico che questo comporta.
Sovranità, indipendenza, liberazione!
Indipendenza
25 aprile 2018
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