Voto italiano e incubi euro-atlantici

Prima si dice «preoccupato per l’esito delle elezioni italiane» aggiungendo che «l’Unione si deve preparare allo scenario peggiore, cioè un Governo non operativo in Italia», poi aggiusta il tiro reiterando così il concetto. Nelle parole del presidente della Commissione dell’Unione Europea, Jean Claude Juncker, c’è un misto di timori e minacce per il voto del 4 marzo. La sostanza è che l’Italia deve continuare ad avere la schiena piegata. La chiave di volta per il saccheggio, la depredazione, la riduzione progressiva dei diritti sociali sta nel prosieguo dell’assunzione di politiche di bilancio e di riforme sempre più severe per diminuire un debito “pubblico” costruito per essere insanabile e tenere permanentemente sotto ricatto il Paese fino al suo totale assoggettamento. Bisogna insomma proseguire sulla via dei “programmi di aggiustamento strutturale” stile Fondo Monetario Internazionale in Africa, Asia sudorientale e America latina.

L’ingerenza di Juncker è un sostegno neanche tanto velato al Partito Democratico (PD) e al centrosinistra in senso lato visti da Bruxelles come referenza più affidabile del centrodestra, nonostante le continue esternazioni pro europeiste di Berlusconi e l’ammorbidimento ‘euroscettico’ dei suoi alleati. Un crollo del PD e del centrosinistra –e comunque i rapporti di forza con gli altri partiti– potrebbero rendere impraticabile sia il governo delle larghe intese sia la variante pressoché gemella del governo del Presidente, con sullo sfondo un governo sedicente di scopo che solo di scopo non potrà essere.

I tempi di ‘soluzione’ potrebbero essere lunghi, con un 2019 che si preannuncia denso di appuntamenti: in particolare il processo di integrazione UE con le riforme giuridiche, istituzionali, politiche da “più Europa”, a più riprese annunciate e in corso di definizione, e le elezioni europee. Senza contare che il 31 ottobre 2019 scade il mandato di Mario Draghi alla BCE con il “falco” tedesco, Jens Weidmann, ancor più “stabilità e rigore”, ad oggi dato per probabile successore.
Al Quirinale, non da oggi, si lavora in conformità con l’orizzonte europeo e l’adempimento dei desiderata della Troika. La sua opera di tessitura potrebbe scontrarsi con un esito del voto dai numeri e dai rapporti di forza non favorevoli, che bisognerà ben valutare a spoglio delle schede effettuato.
Superfluo dire che, per il bene del Paese, agli unionisti europei non auguriamo di certo buon lavoro. L’augurio è che dalle urne, pur nei limiti che vediamo nel panorama delle forze politiche esistenti, si esprima un voto che materializzi i peggiori incubi di Juncker e dei suoi committenti euro-atlantici. Comunque sia, la ‘lucha sigue’.

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