La tesi che l’Unione Europea (UE) soffi sul fuoco degli indipendentismi, ultimo alla ribalta della cronaca politica quello catalano, è da taluni affermato come un fatto acclarato, indiscutibile, di buon senso, ovviamente non rivendicabile ufficialmente da Bruxelles: la UE mira a conculcare in via progressiva la sovranità degli Stati, e questo sì è un fatto acclarato, mentre nient’affatto lo è l’assunto che, a tale scopo, sostenga e finanzi gli indipendentismi.
Ebbene, con questo intervento, ci si sofferma solo su questo punto. Il che non vuol dire che non siano ‘cruciali’ altri aspetti riguardanti sia la questione catalana sia la questione nazionale in linea generale visto che il continente europeo, Italia inclusa, vede diverse nazioni senza Stato. E si tratta di aspetti decisamente rilevanti. Ad esempio, pensare di risolvere queste questioni per via repressiva o per via politica (con pluralità di soluzioni possibili) connota la ‘qualità’ di qualunque formazione statuale ed anche politica, particolarmente di quelle che rivendicano legittimamente (e condivisibilmente dal nostro punto di vista) la sovranità e l’indipendenza, come nel caso italiano. ‘Stonerebbe’ rivendicare ‘per sé’ e negare ad altri un’analoga rivendicazione. Per non parlare delle implicazioni vincolistiche costituzionali evocate per ‘discriminare’. Insomma, sono solo alcuni degli aspetti cruciali che oggi pone la questione catalana ma, come detto, ora ci soffermiamo soltanto sul punto della presunta relazione d’interesse della UE verso gli indipendentismi sul continente europeo in funzione disgregativa degli Stati-nazione esistenti.
Ammesso e non concesso che la direzione politica del movimento indipendentista catalano e tutta la Generalitat della Catalogna siano concordemente favorevoli all’ingresso nella UE e nell’euro (le posizioni sono invece da differenziare e, curiosamente, questo suppostamente generalizzato unionismo europeo non viene enfatizzato, anzi, è molto contenuto sulla grancassa massmediatica dominante unionista) qual è il primo passo per l’ingresso nell’Unione? Sulla base dell’art. 49 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) s’inoltra domanda di adesione al Consiglio europeo che, dopo essersi consultato con la Commissione ed il Parlamento europeo, deve pronunciarsi all’unanimità (attenzione: all’unanimità) per approvare la candidatura del nuovo Stato. Solo se questa domanda viene accolta dal Consiglio, il Paese richiedente consegue lo status di candidato.
Come è noto, il Consiglio europeo è composto dai “leader” degli Stati membri della UE. Ora, il rappresentante spagnolo voterebbe per l’adesione della Catalogna alla UE? Voterebbe per l’adesione creando un precedente per le altre nazionalità al suo interno (Paesi Baschi in primis)? Stante l’atteggiamento che le autorità di Madrid non da oggi manifestano al riguardo, la risposta è no. Anche in uno scenario fantasioso che vedesse Madrid ribaltare le proprie posizioni, voterebbero per l’adesione altri “leader” degli Stati membri della UE, Germania inclusa, ad avallare in tal modo analoghi processi al proprio interno? Altrettanto ragionevolmente la risposta è no, salvo immaginare diabolici e fantasiosi piani cospirativi UE o filo-UE che però, a ben vedere, comprometterebbero la stessa esistenza della UE.
È quindi da escludere un interesse della UE, e del suo committente storico, gli Stati Uniti, ad una disgregazione di uno Stato utilizzando anche localismi, regionalismi, indipendentismi? Certo che no, non è da escludere ma, ad avviso di chi scrive, solo se uno Stato si affrancasse dal combinato UE-USA e ancor più se lo facesse con un’idea di società antitetica a quella neoliberista/capitalista dominante. Una ragione in più per non liquidare sbrigativamente, repressivamente, impoliticamente, la questione catalana.
Si veda anche questo contributo di Andrea Geniola
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