Da “Sull’alternanza scuola-lavoro” (supplemento n. 4, 25 marzo 2017, di “Indipendenza”).
Tra le nefaste novità introdotte dalla cosiddetta “buona scuola”, quella che più di tutte sintetizza lo spirito neoliberista della riforma renziana è senza dubbio l’alternanza scuola-lavoro. Si tratta di un congruo numero di ore da dedicare obbligatoriamente ad attività “lavorative” –ovviamente non retribuite– presso aziende, che ogni studente dovrà espletare durante l’arco del triennio delle scuole superiori (200 ore per i licei, 400 ore per gli altri indirizzi di studio).
Al netto della propaganda che accompagna questo tipo di attività, in primo luogo non sfugge la loro inutilità proprio rispetto agli obiettivi sbandierati, vale a dire l’acquisizione di competenze da spendere professionalmente una volta terminato il percorso di studi. L’alternanza consiste infatti, nel migliore dei casi, in “pacchetti” offerti dalle aziende alle scuole che prevedono una parte teorica e una pseudo attività “sul campo”, distanti anni-luce dalle effettive dinamiche dell’attività lavorativa; nel peggiore dei casi si risolve invece in un vero e proprio sfruttamento del lavoro minorile, con studenti assoldati a titolo rigorosamente gratuito per fare volantinaggio o per lavorare in qualche fast-food. In secondo luogo è evidente il danno formativo che si infligge agli allievi, dal momento che le ore dedicate all’alternanza finiscono fatalmente con il rubare tempo allo studio pomeridiano, quando non addirittura alle ore di lezione mattutine.
Come se non bastasse, il progetto di riforma dell’esame di maturità messo in campo dal MIUR prevede che la valutazione dell’alternanza scuola-lavoro concorra in maniera non trascurabile a determinare il voto finale. Suona quasi come una campana a morto per quella che dovrebbe essere l’autentica finalità della scuola: la formazione e la crescita della persona e del cittadino, attraverso la trasmissione di conoscenze e la coltivazione dello spirito critico. È proprio in relazione a quest’ultimo aspetto (lo spirito critico) che si evince il vero obiettivo dell’alternanza scuola-lavoro, come palesato da svariate testimonianze di studenti e insegnanti in merito a contenuti e messaggi veicolati in tali attività: non le sbandierate esperienze professionali, quanto una vera e propria opera di indottrinamento circa le “virtù” della società neo-liberista; l’individualismo e lo spirito di competizione portati all’estremo come regole, non solo lavorative, ma di vita; l’asservimento alla logica del mercato di ogni aspetto dell’esistenza; la non pensabilità di un’alternativa a questo modello economico e sociale.
Nel rifiutare senza se e senza ma la deriva cui si vuole condannare irrimediabilmente la scuola, va tenuto ben presente come questa sia il frutto di svariate “raccomandazioni” provenienti dalle istituzioni europee, da ultima la Raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale italiano di Riforma 2014 del 02.06.2014.
Una volta di più il legame tra UE e “riforme” neoliberiste si dimostra inscindibile.
Si veda inoltre quest’altro spunto in merito
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