Il 22 ottobre si voterà in Lombardia e Veneto per il referendum sull’ampliamento delle competenze regionali, avviando l’iter per divenire regione a statuto ‘differenziato’, una creatura mutante fra la regione a statuto speciale e quella a statuto ordinario, partorita dalla esiziale riforma del titolo V della Costituzione del 2001 (art. 116), e finora presente solo sulla carta.
Un diversivo per distrarre il dibattito dai grandi temi (disoccupazione, precarietà, deindustrializzazione, devastazione ambientale) che ghermiscono anche due regioni un tempo benestanti come Lombardia e Veneto, quasi che a Roma si decidesse qualcosa di autenticamente significativo che non sia la ratifica dei desiderata euroatlantici e della conseguente macelleria sociale.
Il referendum, dunque, non mette in discussione in nulla lo stato di sudditanza ai vincoli U.E., NATO e sovranazionali, anzi indebolisce ancor più la dimensione nazionale, acuendone la sudditanza.
Le regioni sono da sempre un livello di governo cui l’UE guarda con favore nella prospettiva di esautorare gli Stati nazionali di competenze, capacità allocative e ambiti di intervento. Con buona pace di chi ritiene che dalla Lega possa venire un aiuto alla battaglia per lo sganciamento dai vincoli europei, questa consultazione dà nuova linfa a uno degli espedienti utilizzati per svuotare l’idea stessa di sovranità trasferendo le decisioni strategiche a livello comunitario e lasciando a livello subnazionale la sola possibilità di imbellettare le politiche ‘lacrime e sangue’ calate dall’alto.
Non è tutto. Questo appuntamento elettorale serve anche per compattare i ranghi di quel partito in ottica elezioni politiche: le componenti che mal digeriscono la svolta sedicente ‘nazionale’ della segreteria Salvini avranno un contentino, beninteso con la convergenza di tutti i grandi partiti, dal PD –e satelliti governativi– al M5S: tutti dietro i pifferai padani, al massimo con qualche isolato distinguo per salvaguardare la parvenza di un ‘pluralismo’ ormai macchiettistico. Un SÌ che ha il sapore del plebiscito: orchestrando il dibattito nel recinto del gattopardismo d’accatto, le élite italofone di ogni latitudine preparano l’ennesima messinscena della governance euroatlantica di cui sono fedeli guardiani. Fra gli ambiti toccati dalle competenze della regione a statuto ‘differenziato’, non vi sono certo snodi politicamente significativi per i burattinai sovranazionali: con ‘l’autonomia’ non potrebbero essere messe in discussione basi militari come il Dal Molin di Vicenza o la presenza di ordigni atomici a Ghedi, nei pressi di Brescia: altro che autodeterminazione! Un’iniziativa, quindi, che svaluta per sua stessa natura le battaglie su autogoverno, sovranità e autonomia facendole apparire non come la imprescindibile necessità di acquisire il controllo democratico sulle grandi leve di indirizzo politico, economico, culturale e militare, quanto invece rivendicazioni di retroguardia su scampoli marginali e residuali all’interno di un recinto che è comunque tracciato dal modello economico e politico egemone.
Un’iniziativa partorita da quella Lega Nord componente organica della compagine berlusconiana e membro ortodosso dei suoi governi, di cui ha condiviso merito e metodo. Insomma, una parte del problema che tenta oggi di riciclarsi come parte della soluzione. La Lega di governo ha rappresentato e rappresenta il peggio dei difetti romani che a parole intendeva combattere: vale la pena ricordare come anche nelle due regioni chiamate alle urne la casta padana non si sia fatta mancare nulla in termini di politiche liberiste e mercatiste, di grandi opere (MOSE, Pedemontana veneta, BRE-BE-MI, TEM), esternalizzazioni/privatizzazioni con particolare riferimento alla sanità, tagli alle politiche sociali, senza dimenticare che le due regioni sono ai vertici italiani per cementificazione del territorio.
Da ultimo vale la pena ricordare come il Veneto sia di fatto l’epicentro della crisi bancaria italiana, esito delle riforme pro mercato derivanti da Bruxelles: non solo i bubboni VenetoBanca e Banca Popolare di Vicenza ma, nel silenzio generale, anche banche relativamente minori (come i crediti cooperativi) sono commissariate o in grande sofferenza. Inutile sottolineare come questo possa incidere in un tessuto che si regge sulla micro e piccola impresa, senza dimenticare che l’esito di tali opzioni sarà il taglio del personale, la socializzazione delle perdite e la predazione di quel che di buono rimane da parte di Banca Intesa, acquirente al lauto importo di un euro delle parti sane dei due istituti di credito.
Se la Lega Nord avesse effettivamente voluto avviare una sfida finalizzata a contrastare le regole europee, avrebbe potuto lanciare la regionalizzazione delle due banche, sul modello delle Landesbank tedesche, visto che già ora, a tenore dell’art. 117 della Costituzione, casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale sono materia di competenza concorrente fra Stato e regioni. Altro che ‘nuove competenze’; non sono state usate per gli obiettivi a parole sbandierati neanche quelle già presenti!
“Indipendenza”, che da sempre è impegnata sul tema della sovranità e dell’autogoverno delle comunità, invita soci, amici e simpatizzanti di Lombardia e Veneto a votare e far votare NO al referendum del 22 ottobre. La sovranità è una cosa seria! Il 22 ottobre tutti ai seggi contro casta padana, U.E. e filiera euroatlantica.
Senza sovranità nazionale, nessuna emancipazione sociale! Sovranità, indipendenza, liberazione!
Alberto Leoncini, membro della direzione nazionale di “Indipendenza”, Treviso
Per un ulteriore approfondimento, si veda anche il contributo del socio Matteo Volpe
La pagina facebook per il NO al referendum sull’autonomia promossa da Indipendenza
ass.indipendenza.info@gmail.com – info@rivistaindipendenza.org
Awesome post.
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