Obama sta esercitando pressioni molto forti perché sia scongiurata l’ipotesi “Grexit”. Destinataria delle sue maggiori preoccupazioni è, in tal senso, la Germania più che Tsipras/Syriza, che pur non rendendo tranquilla l’amministrazione statunitense non è, in questa attuale contingenza, il suo principale problema.
La Casa Bianca teme, non senza ragioni, conseguenze non scontatamente controllabili per gli interessi USA a partire dall’atteggiamento della Germania.
Due le sue principali preoccupazioni.
In primo luogo, nella sua creatura UE, se perdesse la Grecia, si aprirebbe una ‘crepa’ in cui potrebbero inserirsi gli interessi russi. Per Mosca, che pure sta mantenendo un profilo attivo ma basso, la situazione è interessante per rispondere all’interventismo golpista e bellicista di Washington a Kiev, operazione portata avanti per ri-erigere un muro, una nuova cortina di ferro ai confini occidentali della Russia, minando o comunque fortemente indebolendo le relazioni tra questa ed i Paesi europei (in primis la Germania). Con un’Ucraina sull’orlo della bancarotta ed una situazione interna lì lacerata anche dai contrasti tra le corrotte fazioni oligarchiche filo-atlantiche, la Grecia rischia di diventare un’altra tegola, tanto più che Syriza ha tra le sue rivendicazioni anche la fuoriuscita dalla NATO.
In secondo luogo la crisi greca nella UE potrebbe alimentare in altri Paesi spinte centrifughe nutrite in tutti questi anni dalle prescrizioni austeritarie della Troika. La disunità della UE potrebbe mettere a rischio per Washington –questa la seconda ragione per scongiurare una “Grexit”– firma e varo del suo agognato Trattato Transatlantico (TTIP).
In questo contesto il rapporto sfornato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) il 2 luglio sull’insostenibilità greca del debito suona tanto da ciambella di salvataggio per Atene ad ‘invogliarla’ a restare o, per meglio dire, ad essere ‘mantenuta’ nell’euro-UE: 50 miliardi di euro di “aiuti” supplementari per i prossimi tre anni e riduzione sostanziale del debito. Ovviamente niente di ‘liberatorio’ dalla gabbia euroatlantica, ma la scommessa intanto è nell’ammorbidimento di Syriza, che poi verrebbe cucinata a fuoco lento per togliere di mezzo un esecutivo comunque scomodo. Per Washington Syriza rimane inaffidabile e tempo per rovesciarla c’è.
Comunque ‘curiosa’ questa disponibilità di un’istituzione finanziaria come il FMI ad ‘adeguarsi’ ai desiderata geopolitici della Casa Bianca: ancora una volta la finanza internazionale, quando la geopolitica imperiale dispone, mostra di sapersi mettere in scia…
Il timore di Washington di un avvicinamento della Grecia alla Russia non è affatto detto che debba essere condiviso anche da Berlino. Anzi, il rigorismo economico/finanziario tedesco potrebbe geopoliticamente vedere di buon occhio una “Grexit” che determinasse un avvicinamento di Atene a Mosca perché indebolirebbe la posizione statunitense in Europa e potrebbe preparare il terreno ad una ripresa delle relazioni con la Russia.
Molto si gioca in queste ore.
Intanto, all’Eurosummit di ieri, la Merkel ha dato cinque giorni di tempo al governo greco per presentare un nuovo piano per non andare in default e uscire dall’eurozona. La cosa ‘curiosa’ è che la cancelliera tedesca, domenica 12 luglio, al nuovo vertice sulla Grecia vuole tutti i 28 Stati membri dell’Unione Europea, non solo quindi i Paesi dell’eurozona. Significative le parole del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk: “Non ho mai parlato di scadenze ma oggi dico che abbiamo solo cinque giorni per trovare l’accordo finale, tutti hanno responsabilità di trovare una soluzione”, altrimenti le conseguenze comprendono “il fallimento della Grecia e delle sue banche”. “Se il negoziato dovesse concludersi con un nulla di fatto non sarà doloroso solo per il popolo greco ma ci saranno conseguenze per l’Europa anche dal punto di vista geopolitico: chi pensa non sia così è un ingenuo. La situazione è molto critica, non possiamo escludere scenari cupi, nessun accordo domenica significa conseguenze per tutti perciò domenica dobbiamo discutere a 28, non solo eurozona”. Gli ha fatto eco il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker: “Domenica ci sarà la decisione finale e non posso escludere nessuna ipotesi”.
Niente male per la “piccola e insignificante Grecia”, come taluno l’ha sprezzantemente definita. Ma la partita resta aperta.
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“Spezzeremo le reni alla Grecia!”, disse un tale. A tanti decenni di distanza, al netto delle diversità, le cose di fatto si ripetono. C’è da sperare che si ripeta anche l’epilogo (intanto di fase). Come allora, insomma: chi andò per spezzare finì spezzato.
Come è pensabile sperarlo per l’oggi, in epoca di di cosiddetta (molto impropriamente) globalizzazione, in quella che è la principale ‘dependance’ strategica USA, cioè l’Unione Europea? Vediamo.
Grazie alla “piccola Grecia” lo scenario a breve ci pare duplice: accoglienza delle proposte di Atene oppure Grexit. Da qui non si scappa: o si accetta la proposta greca (moratoria del debito, taglio dello stesso e nuovo prestito finalizzato alla politica economica non austeritaria che Atene intende perseguire e che, pur con posizioni misurate, va in controtendenza con il neoliberismo euroatlantico), o la si respinge. Altro non ci sembra che sia possibile.
Entro stasera la Troika attende il documento greco per studiarlo prima dell’assise di domenica che vedrà presenti tutti i Paesi della UE, non solo dell’eurozona, come da richiesta tedesca. Il punto, però, è che la questione non è finanziaria, ma politica. Le proposte greche andranno lette con la lente politica prima che con quella contabile. E a meno di un suo suicidio politico, l’indirizzo è già noto, è quello che dal 2012 ha portato Syriza al governo e poi a scuotere, come mai accaduto prima, l’impalcatura dell’Unione Europea e di conseguenza anche gli interessi strategici statunitensi in questa parte di mondo.
A meno di un suicidio politico del governo greco, quindi, la palla è nel campo euroatlantico, e più specificamente alla confliggenza in corso tra Germania e USA.
Se la Grecia resta alle condizioni poste da Syriza, si crea un precedente di portata enorme inaccettabile per la Germania e per quei Paesi legati all’area tedesca. Una fibrillazione che in ultima istanza non è accettabile nemmeno per gli Stati Uniti. Diciamo che ‘da subito’ non lo è per la Germania, e a medio termine non lo è per gli USA.
Cacciare la Grecia, confidando nella sua implosione, potrebbe riservare sorprese anche per ragioni di relazioni/alleanze geopolitiche (con la Russia, ad esempio), scenario assolutamente inaccettabile per gli Stati Uniti (e non del tutto sgradito in Germania, che non ha interesse alla cortina di ferro che Washington sta erigendo ai confini occidentali della Russia). Non a caso Washington in queste ore è in febbrile attività per scongiurare la Grexit.
Il punto è: come trovare la mediazione con la Germania, sapendo che in prospettiva –interesse comune– è il rovesciamento dell’attuale governo greco? Forse in una soluzione di compromesso che sposti di poco nel tempo una sistemazione dei conti finanziari. Una soluzione di compromesso per guadagnare tempo e fare ‘conti’ d’altro tipo con il governo, liquidando dall’interno l’attuale esperienza di governo.
Le prossime ore daranno indicazioni più chiare in tal senso.
Intanto, “grazie Grecia” assolutamente sì. Ma è bene darsi da fare anche qui da noi, in Italia.